Coronavirus

Un disastro annunciato. E senza vaccino

"Scuola, Invalsi: alunni più bravi al Nord, Sud in ritardo". Datato: 20 luglio 2012

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«Scuola, Invalsi: alunni più bravi al Nord, Sud in ritardo». Datato: 20 luglio 2012. Sono più di dieci anni che i risultati dei test che - più o meno credibilmente, non è questa la sede per discuterne - giudicano la scuola italiana restituiscono la stessa fotografia: un'istruzione nazionale spaccata in due. Medesimo e immancabile è poi il profluvio di dichiarazioni tra l'allarmato e lo stupito che commentano la pubblicazione del rapporto. E drammaticamente identica è l'inerzia politica che ne segue.

Lo stato di abbandono in cui versa la scuola italiana è un dato di fatto da anni. Lo dicono i risultati dei ragazzi che a fine ciclo non sanno comprendere un testo scritto; ma lo dicono anche i dati della spesa (nel 2022 siamo stati i penultimi in Europa), l'attenzione che è stata tributata al settore durante la pandemia, con le scuole giudicate meno prioritarie delle sale bingo e la generale delegittimazione della classe docente, accusata di tutto e difesa su niente.

Nessuno può sfoggiare il volto stupefatto da passante indignato, quello da «signora mia, che tempi, dove andremo a finire?», perché il disastro lo abbiamo visto tutti arrivare a braccia conserte. Dai tanti governi che si sono alternati al potere senza mai sentire l'esigenza né morale né elettorale di investimenti seri e riforme profonde, ai genitori che hanno minato l'autorevolezza gli insegnanti difendendo sempre e comunque i loro piccoli fiocchi di neve anche quando sparavano pallini in classe. Il peggioramento è dovuto al «long Covid». La realtà è che gli effetti innegabili della pandemia stanno diventando un alibi, e che la questione è un'altra: nessuno crede più nella scuola, nessuno la vede più come ascensore sociale e azzeratore potenziale delle differenze economiche.

Sta alla premier Meloni capire se vuole essere lei a trovare per prima un vaccino a questo male.

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