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Donald e la guerra dei mari. Blitz per fermare armi cinesi su una nave diretta in Iran

Attacco nell'Oceano Indiano. La strategia Usa e il caso della petroliera venezuelana

Donald e la guerra dei mari. Blitz per fermare armi cinesi su una nave diretta in Iran
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Un blitz insolito, irrituale, quasi senza precedenti. Che potrebbe essere un segnale dell'escalation nel Pacifico, che negli Stati Uniti molti osservatori individuano come il vero scenario della futura nuova guerra globale, quella che vedrà fronteggiarsi Stati Uniti e Cina. E sono proprio questi due Paesi gli attori principali di quanto avvenuto nell'Oceano Indiano lo scorso novembre, quando una squadra delle operazioni speciali statunitensi ha intercettato e perquisito una nave che trasportava una grande quantità di armi provenienti dalla Cina e dirette in Iran.

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal citando funzionari Usa, il mese scorso agenti del Comando Indo-Pacifico statunitense sono saliti a bordo di una nave a diverse centinaia di miglia al largo dello Sri Lanka, hanno sequestrato un carico militare di origine cinese e poi hanno permesso alla nave di riprendere la traversata. Si tratta del primo atto di interdizione di questo tipo da anni.

Il carico sequestrato, che consisteva in componenti a duplice uso con applicazioni sia civili che militari potenzialmente utili per le armi convenzionali dell'Iran, è stato poi distrutto. Secondo il quotidiano newyorkese, prima dell'operazione "l'intelligence statunitense riteneva che il carico fosse destinato ad aziende iraniane coinvolte nell'acquisizione di componenti per il programma missilistico di Teheran". L'operazione è avvenuta settimane prima che gli Stati Uniti sequestrassero una petroliera nello spazio di mare antistante il Venezuela, che secondo la Casa Bianca trasportava petrolio per il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica.

E ieri l'Iran ha risposto sequestrando una petroliera straniera che trasportava sei milioni di litri di gasolio di contrabbando nel Mar dell'Oman, arrestando i 18 membri dell'equipaggio, provenienti da India, Sri Lanka e Bangladesh. "La petroliera - fa sapere il presidente della provincia meridionale iraniana di Hormozgan, Mojtaba Ghahremani - non aveva documenti di viaggio marittimi validi per il trasporto di carburante e tutti i suoi sistemi di navigazione e ausiliari erano stati deliberatamente spenti. È stata intercettata nelle acque territoriali iraniane vicino a Jask, in linea con le operazioni iraniane per contrastare le reti regionali di traffico di carburante".

Episodi che alzano il livello di tensione nella regione dell'Indo-Pacifico e che vede fronteggiarsi da un lato una Cina sempre più militarizzata e tecnologica che prova a imporre unilateralmente una supremazia navale, e dall'altro gli Stati Uniti che vogliono impedire a Pechino di bloccare rotte strategiche, chiudere mari o isolare paesi insulari o costieri.

In particolare il tema dello scontro è il primo arcipelago insulare, l'insieme di isole che delimita il Pacifico occidentale e che comprende aree cruciali come Giappone, Taiwan e Filippine, tutti alleati degli Stati Uniti attorno aiu quali la Cina vorrebbe creare una sorta di barriera navale. Un conflitto strisciante che per ora si è nutrito soltanto di atti di deterrenza, di provocazioni e di incessanti tessiture diplomatiche ma che prima o poi potrebbe sfociare in un vero scontro militare.

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