Poche le distanze, molti i punti d'intesa. Un ottimo viatico per la cena a due tra Emmanuel Macron e Mario Draghi che si è tenuta ieri sera all'Eliseo. Certo, il fatto che la principale divergenza di vedute sia su modi e tempi dell'ingresso dell'Ucraina nell'Ue non è un dettaglio, perché la questione è centrale da tutti i punti di vista. Il primo è quello, per così dire, «contingente». E riguarda il conflitto voluto da Vladimir Putin, che lo scorso 24 febbraio ha unilateralmente deciso di invadere un Paese sovrano. Il secondo, invece, è più strutturale e di prospettiva. E, ovviamente, guarda ai futuri equilibri geopolitici che verranno se davvero Bruxelles dovesse muoversi verso l'allargamento a Est. Che coinvolge in prima battuta l'Ucraina, ma che inevitabilmente si porta dietro le richieste di adesione di Moldavia e Georgia, altri Paesi che dopo l'inizio del conflitto spingono con forza per entrare il più velocemente possibile sotto l'ombrello dell'Ue.
Sul punto, non è certo una novità, Parigi e Roma hanno visioni diverse. Draghi - anche in varie occasioni pubbliche - ha più volte sottolineato la necessità di supportare Kiev nel processo d'integrazione. «Seguiamo la via dei trattati, ma evitiamo inutili rallentamenti», è la linea del premier, ribadita solo due giorni fa a Palazzo Chigi durante il bilaterale con Salomé Zourabichvili, presidente della Georgia. Macron, invece, si muove con molta più prudenza. Tanto che il presidente francese ha avanzato l'idea di una sorta di «confederazione» che tenga insieme i Paesi dell'Est, una sorta di alternativa light rispetto a una adesione tout court all'Ue. Una linea di cautela che segue sì l'approccio prudente della diplomazia francese, ma che potrebbe anche essere condizionata dagli imminenti appuntamenti elettorali francesi. Anche prima delle presidenziali, infatti, Macron si è mosso con una certa circospezione, evitando di andare in contrapposizione diretta con Mosca. Subito dopo la riconferma ha cambiato passo e alla Farnesina c'è chi è pronto a scommettere che dopo le legislative del 12 e 19 giugno tornerà a muoversi con più libertà. È possibile, insomma, che prossimamente si andrà riducendo la distanza tra un Draghi che non esita a ribadire la linea atlantica e un Macron che a oggi continua a ripetere che «non bisogna umiliare Mosca». Di certo, c'è che la candidatura dell'Ucraina ad aderire all'Ue sarà argomento di confronto al Consiglio europeo di Bruxelles del 23 e 24 giugno, l'ultimo a presidenza francese.
Altro dossier centrale della cena di ieri all'Eliseo - Macron ha accolto l'ex numero uno della Bce nel cortile d'onore dell'Eliseo non solo con una stretta di mano ma anche con un abbraccio - è stato il capitolo energia. Un punto su cui c'è piena intesa, perché sia Parigi (quasi autonoma grazie al nucleare) che Roma (dipendente dalle forniture della Russia) sono decise a emanciparsi dal gas di Mosca e dare una risposta economica alla crisi. Anche per muoversi in una prospettiva dove - a prescindere da tempi e modi nei quali si risolverà il conflitto dovuto all'invasione dell'Ucraina - l'Europa possa liberarsi dal ricatto energetico (ed economico) di un Paese come la Russia. Che, evidentemente, almeno per il prossimo decennio sarà considerato «ostile» a tutto l'Occidente.
Nell'agenda serale di ieri, anche la questione migranti e la riforma dei trattati Ue.
Oggi, invece, Draghi interverrà alla riunione ministeriale dell'Ocse presieduta dall'Italia, un appuntamento importante ma che per il premier è stato sostanzialmente il pretesto per volare a Parigi e incontrare Macron. Alla riunione saranno presenti i ministri di Esteri ed Economia, Luigi Di Maio e Daniele Franco.
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