Due donne: «Bill Clinton ci molestava»

«The Donald» ne ha anche per Hillary: paga di più gli uomini

Valeria Robecco

New York La campagna elettorale americana per il rinnovo della Casa Bianca entra nella fase «calda», con un'escalation di accuse sempre più pesanti tra Donald Trump e la rivale Hillary Clinton. L'ultimo tema prescelto dal tycoon newyorkese è quello delle donne. Dopo le polemiche sui discussi rapporti del candidato repubblicano con il gentil sesso, al centro di un'inchiesta pubblicata dal New York Times, lui è andato al contrattacco. Nel mirino è finita la candidata democratica, ma soprattutto il marito Bill, protagonista di un video in bianco e nero postato su Instagram dal titolo «Hillary sta veramente proteggendo le donne?». Mentre scorrono le immagini di Clinton e della Casa Bianca si sentono i racconti di Kathleen Willey e Juanita Broaddrick, che hanno accusato l'ex presidente di averle molestate, a cui segue una grassa risata da parte dell'ex First Couple. Non è la prima volta che The Donald punta su quella che dai tempi dello scandalo di Monica Lewinsky è rimasta una spina nel fianco per Bill Clinton, tanto che la settimana scorsa, in un'intervista su Fox News, ha persino parlato di «stupro» per indicare la cattiva condotta sessuale dell'ex Commander in Chief. Ma l'attacco di Trump su uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Hillary non è finito qui: in un secondo post, infatti, il re del mattone ha sottolineato la differenza di compensi percepiti dal personale maschile dello staff della Clinton rispetto alle colleghe donne. Se per un uomo ai livelli più alti lo stipendio è di 218 mila dollari - ha scritto - per la stessa posizione al femminile l'introito è di 153 mila dollari.

Intanto Trump prosegue la ricerca dei papabili al ticket per l'eventuale ruolo da vice presidente e li sta incontrando uno ad uno. Nella short list c'è il senatore dell'Alabama Jeff Sessions, uno dei primi sostenitori del miliardario, e a sorpresa anche il generale in pensione Michael Flynn, che ha alle spalle una carriera di 33 anni nell'intelligence militare ed è stato direttore della Defense Intelligence Agency. Oltre al senatore del Tennessee Bob Corker, che il tycoon ha incontrato lunedì alla Trump Tower di Manhattan. Con lui il tycoon ha individuato alcune ipotetiche linee guida della sua agenda internazionale, che fra le altre cose punta ad aprire un tavolo negoziale in estremo Oriente con la Corea del Nord per smantellare i programmi nucleari di Pyongyang, ma anche per privare la Cina del ruolo di unico interlocutore con il regime di Kim Jong-un.

Del resto le mire espansioniste di Pechino sono un fattore che preoccupa non solo Trump, ma anche il presidente Barack Obama. Nel suo viaggio in Asia l'inquilino della Casa Bianca sta rafforzando le alleanze con i partner nella regione non solo dal punto di vista commerciale ma anche da quello militare.

In Vietnam, prima tappa della visita sulla strada del G7 in Giappone, Obama ha dapprima annunciato la fine dell'embargo sulle armi durato 50 anni con Hanoi, quindi ha teso la mano a Pechino auspicando una «pacifica risoluzione» della disputa nel Mar Cinese Meridionale. Anche se ha tenuto a precisare che «i grandi Paesi non dovrebbero fare i prepotenti con quelli più piccoli»: un chiaro riferimento alle mire espansionistiche della Cina.

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