Silenzio assoluto davanti alla chiesa. La bara bianca scorre tra fiori e lacrime. Intorno duemila persone attonite, in uno scenario surreale. È stato accolto così l'arrivo del feretro di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa in strada nella Bergamasca, in circostanze ancora misteriose.
«Ancora una volta la mano di Caino ha colpito dice il parroco don Corrado Capitanio - ancora una volta il male ha vinto perché ha spezzato una vita, perché ha interrotto bruscamente dei progetti, dei sogni, dei desideri di vita insieme e di vita familiare». Poi l'appello al killer, colui che con violenza e determinazione ha scagliato quattro coltellate alla schiena e al petto di Sharon in una notte di fine luglio come altre: «Preghiamo anche per la conversione di chi ha prestato la sua mano al male, perché questi drammi non accadano più». Quello di ieri è stato il giorno del lutto cittadino per due comunità bergamasche: Bottanuco, paese d'origine della famiglia, dove si sono svolte le esequie, e Terno d'Isola, dove la donna viveva da tre anni e dove è stata uccisa a poche centinaia di metri da casa. In chiesa c'erano anche i due sindaci. Gianluca Sala e Rossano Pirotto, mentre le cittadine hanno tenuto negozi chiusi e bandiere a mezz'asta per tutta la giornata. In prima fila, invece, papà Bruno, mamma Maria Teresa, i fratelli Christopher e Melody e il compagno Sergio Ruocco: tutti stretti davanti alla bara al termine della cerimonia funebre, prima di partire a piedi per un corteo che è arrivato fino al cimitero. Nessuno ha parlato tranne Mario Ruocco, padre del compagno di Sharon. Fuori dal cimitero dopo la sepoltura si è lasciato andare: «Per me è stato qualcuno che le ha fatto qualche avances. Speriamo lo prendano». Ma ha anche voluto ribadire che «quella sera mio figlio era a dormire in casa. Ha visto che Sharon non stava rientrando e poco dopo sono arrivati i carabinieri che lo hanno buttato giù dal letto. Lo hanno interrogato e lo interrogheranno di nuovo».
Le indagini, d'altronde, proseguono serratissime per risalire al killer della notte tra lunedì e martedì scorsi: i reperti raccolti sul luogo del delitto e sul corpo della vittima sono stati intanto inviati al Ris di Parma in cerca di tracce del Dna. Qualche indicazione sulla dinamica delle coltellate inferte, invece, è arrivata dall'autopsia. Ma nulla di più. Al momento non ci sono filmati dell'aggressione, né ha aiutato l'analisi delle celle telefoniche nella zona di via Castagnate. Dell'arma del delitto, perlopiù, non c'è traccia. Come se non bastasse si brancola nel buio anche sul movente: nella vita della donna, ex estetista e impiegata in una pasticceria, pare non vi fossero ombre di nessun genere. Descritta da tutti come «tranquilla e taciturna», usciva spesso la sera tardi per passeggiare come consigliato dalla dietista. Così aveva fatto anche quella notte: lascia a casa il portafogli ma porta il cellulare.
Improvvisamente l'assassino la aggredisce, in un punto cieco non inquadrato dalle telecamere del sistema di videosorveglianza comunale. Ormai inerme sull'asfalto, in una pozza di sangue, riesce a chiamare il 112, ma non pronuncia alcun nome. Dice solo: «Aiuto, mi hanno accoltellato».
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