Giuseppe Conte resiste. Non vuole sbaraccare da Palazzo Chigi. Da Assisi il premier torna professore per un giorno e si cimenta in una lezione di diritto costituzionale: «Si chiama democrazia parlamentare», replica nervoso a una giornalista che lo incalza sui possibili contraccolpi per il governo dall'esito del voto in Emilia Romagna e Calabria.
Il capo del governo avverte il fiato sul collo: una doppia vittoria del centrodestra lo costringerebbe a preparare gli scatoloni e lasciare la guida dell'esecutivo. Domani mattina il citofono di Palazzo Chigi suonerà senza soste.
A bussare non ci sarà solo l'opposizione. Certamente, l'offensiva di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, per chiedere le elezioni anticipate, aumenterà. La pressione della piazza salirà. Ci saranno milioni di calabresi, emiliani e romagnoli: il voto sarà un segnale di sfiducia nei confronti del governo nazionale. Ma stavolta Conte troverà fuori dalla porta anche i compagni di viaggio. Gli alleati. Il fuoco amico brucerà la carriera politica dell'avvocato del popolo. Matteo Renzi è il primo alleato a essere tentato dall'idea di mettersi in coda con le opposizioni per citofonare al campanello di Palazzo Chigi. Il leader di Italia Viva vorrebbe evitare il ritorno al voto. Ma sarebbe stuzzicato dall'ipotesi di un nuovo esecutivo senza Conte a Palazzo Chigi. Il messaggio è pronto: «Giuseppe stai sereno».
Non lo farà pubblicamente, ma anche Dario Franceschini, ministro della Cultura e capo delegazione del Pd, spera che domani mattina Conte sbaracchi. L'obiettivo del ministro si incrocia con quello di Renzi: un nuovo esecutivo. E Franceschini sogna (in cuor suo) di essere lui il premier. La fila è lunga. Luigi Di Maio userà il voto in Emilia e Calabria (probabile doppia sconfitta del Pd) per consumare la prima vendetta contro Conte: l'ex capo dei Cinque stelle non vuole il voto anticipato. Ma lavora al piano di un esecutivo senza Conte a Palazzo Chigi. Con le opposizioni a consegnare l'avviso di sfratto al premier ci sarà una fetta del Movimento. Gli attivisti traditi dal patto con il Pd.
E poi sogna la spallata all'esecutivo l'ala legata ad Alessandro Di Battista. Il Che grillino sa bene come domani mattina sia l'ultima chiamata utile per andare a elezioni anticipate. Se passa il taglio dei parlamentari, la legislatura è blindata. Di Battista dovrà riprendere i viaggi in Sudamerica, rinunciando (fino al 2023) al rientro in politica. E dunque si metterà anche lui in fila fuori Palazzo Chigi per citofonare alla stanza di Conte.
Ci sarà Andrea Orlando pronto a dire: «Così non si può andare avanti».
Il numero due del Pd è stanco delle gaffe del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e della guerra dei renziani. Il premier avrà dalla propria parte solo Nicola Zingaretti. Che però da domani rischia di essere un leader sfrattato dalla guida del Pd.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.