Presidente Silvio Berlusconi, lei per rilanciare l'economia italiana avrebbe cancellato le tasse per il 2020? O le nostre casse non ce lo consentono?
«Avrei certamente sospeso tutti i pagamenti per il 2020, in modo da non togliere risorse ad attività che già lottano per sopravvivere. Lo Stato con una mano continua a chiedere denaro ai cittadini, con l'altra non paga i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Ecco, io credo che si debba davvero fare tutto il necessario adesso, subito, per evitare il collasso delle imprese e la perdita di posti di lavoro. Questo 2020 deve essere considerato come un anno sabbatico in cui concentrare tutto il deficit possibile per mettere in sicurezza il 2021. Se lasciamo che le aziende chiudano, si mette in moto una spirale pericolosissima: meno sono le persone che lavorano e più calano i consumi e i risparmi, e questo porta alla chiusura di altre aziende, porta a nuovi licenziamenti e così via. E significa anche minore gettito fiscale e più spesa sociale - perché naturalmente non possiamo lasciar morire di fame chi rimane senza lavoro e quindi fare più deficit. Occorre uno shock fiscale per la ripartenza con una flat tax a un livello molto contenuto e occorre un poderoso taglio alla burocrazia, con l'abolizione del regime delle licenze e delle autorizzazioni preventive per chi fa impresa. Naturalmente, poi è necessario usare al meglio l'aiuto dell'Europa che sarà decisivo».
Le riaperture commerciali nei ristoranti e la burocrazia del metro: Cipriani, dell'Harry's Bar di Venezia ha detto che con queste regole non riaprirà. Ha ragione?
«Ho ascoltato con grande apprensione lo sfogo di Arrigo Cipriani, che dà voce al sentire comune di tanti suoi colleghi. Ha perfettamente ragione. Negli Stati Uniti e in tutto il mondo si siano presi provvedimenti che consentono il funzionamento degli alberghi e dei ristoranti e la pronta erogazione degli aiuti ai lavoratori e agli imprenditori mentre in Italia ai lavoratori e agli imprenditori non è arrivato assolutamente nulla. Il settore della ristorazione, come quello del turismo, purtroppo è fra i più penalizzati. Conciliare le esigenze sanitarie con il funzionamento dei ristoranti e dei bar è molto difficile, ma non impossibile. Come minimo, ridurre i coperti significa diminuire i ricavi a parità di costi fissi. D'altronde anche se i ristoranti potessero riaprire normalmente, sarebbero comunque in difficoltà. Molti italiani non hanno lavoro, non hanno denaro da spendere, chi lo ha preferisce tenerlo da parte, preferisce risparmiare in vista di un futuro incerto piuttosto che pagarsi una cena al ristorante. Ma tutto il turismo è fermo e certamente per quest'anno farà numeri molto bassi. Da imprenditore capisco benissimo la sofferenza di chi ha messo in piedi un'attività, le ha dedicato la vita, e ora la vede crollare senza averne colpa. Per questo mi ha indignato il fatto che nei giorni scorsi a Milano dei ristoratori siano stati pesantemente multati, per aver espresso in una piazza, in modo civile e senza assembramenti, la sofferenza della loro categoria. D'altronde capisco anche le preoccupazioni delle autorità sanitarie perché il coronavirus purtroppo non è affatto scomparso. La soluzione credo non vada cercata discutendo di mezzo metro in più o in meno fra i tavoli, quanto piuttosto aiutandoli concretamente, attraverso contributi a fondo perduto, attraverso agevolazioni fiscali, attraverso il blocco delle tasse nazionali e locali e con il prolungamento della cassa di integrazione per i loro dipendenti».
In questa crisi da coronavirus si assiste ad una decrescita costante della nostra economia e ad una sempre maggiore presenza del lavoro via computer da casa. Sta vincendo la ricetta politica, seppur nel dramma da Covid-19, di Grillo e Casaleggio?
«Questo sarebbe il terzo disastro che verrebbe ad abbattersi sul nostro Paese. Dopo quello sanitario e quello economico, avremmo anche un disastro politico e culturale. Per fortuna però non è così. Al contrario, questa crisi sta dimostrando l'importanza della competenza, della professionalità, dell'esperienza, che noi abbiamo messo con spirito costruttivo a disposizione delle istituzioni. Le idee grilline sulla decrescita felice si stanno dimostrando folli e pericolose: ora rischiamo davvero la decrescita e non c'è proprio nulla di felice. Potrebbe essere una tragedia per tanti italiani, per tante famiglie, per tante imprese. Mi auguro che da questo dramma possa uscire se non altro mutato il paradigma politico dell'Italia e si ponga davvero fine all'era dell'incapacità al potere. Del resto, innovazioni come lo smart working non le ha certo inventate Grillo. Sono anni che le aziende studiano come introdurlo, perché comporta vantaggi per tutti, per le aziende, per i lavoratori, per la collettività, ma ha anche diverse controindicazioni, soprattutto in termini di produttività. Tutto questo comunque non ha nulla a che fare con le fumose ideologie di Grillo e di Casaleggio.
La misura che Conte e il Governo non hanno messo nel decreto e che lei invece avrebbe messo?
«Sarebbe un elenco molto lungo. Ma per prima cosa non ho visto i mille euro per tutto il personale sanitario, per i medici e per gli infermieri che in questi 100 giorni hanno rischiato la vita. C'è proprio da vergognarsi. Potrei elencarle i tanti settori dimenticati, per esempio l'agricoltura, per la quale invece di introdurre i voucher si è adottata una sanatoria sui clandestini che non è solo inutile ma è anche pericolosa: una sanatoria che non accontenta il mondo agricolo, accontenta soltanto erronee richieste di una sparuta minoranza. Potrei parlare della scuola paritaria, 12 mila scuole e un milione di studenti con le loro famiglie, che sono stati abbandonati completamente a sé stessi. Potrei parlare delle concessioni balneari, di cui non è garantita la proroga automatica di fronte ai nuovi investimenti necessari per la riapertura.
Potrei parlare della mancanza di uno scudo penale per i datori di lavoro diligenti, che adottano correttamente le misure anti-coronavirus e tuttavia oggi sono penalmente responsabili se un dipendente si ammala. Su questi e tanti altri aspetti daremo battaglia in Parlamento, sperando che la disponibilità di Conte a collaborare con l'opposizione questa volta non sia solo di facciata».
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