"E CasaPound?" Perché la sinistra senza argomenti sbaglia bersaglio

Rispetto al Leonka è un edificio pubblico abbandonato che ospita soltanto italiani

"E CasaPound?" Perché la sinistra senza argomenti sbaglia bersaglio
00:00 00:00

"E allora CasaPound?". A chiederlo è la sinistra senza argomenti, quella spiazzata dallo sfratto del Leonka, quella che sta sempre dalla parte dell'illegalità ma solo quando si tratta di difendere i suoi, quella che l'emergenza abitativa è per le minoranze e mai per gli italiani. "E allora CasaPound?" è il ritornello in risposta al premier Giorgia Meloni che, dopo lo sfratto, ha chiarito che in Italia non possono esserci "zone franche". Una strumentalizzazione che l'opposizione crede possa mettere in difficoltà il governo ma che in realtà non regge. Tanto che, interrogato al Meeting, il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha chiarito: "Se CasaPound si allinea a criteri di legalità, non c'è bisogno dello sgombero".

Il centro sociale (abusivo) di via Watteau a Milano, da una parte. Lo stabile occupato di via Napoleone III a Roma, dall'altra. Due storie diverse, due culture antitetiche. Chi tenta il confronto o non le conosce o è in mala fede. "Il paragone - dicono le tartarughe - è l'ennesimo tentativo maldestro della sinistra di spostare l'attenzione dai propri scandali e dalle proprie responsabilità".

Le tartarughe, dunque. Una ventina di famiglie. Tutte italiane. Un unicum nel Paese. È la risposta all'emergenza abitativa, dicono. Sopra il portone una bandiera rossa con testuggine nera stilizzata. La tartaruga, spiegano, simbolo di longevità ma anche l'animale che porta sempre con sé la casa. Cinque piani, in nome di Ezra Pound. Ordine e pulizia. Da fuori, e all'interno, non sembra un palazzo occupato.

"La differenza basilare è la proprietà dell'edificio". A spiegarlo è Domenico Di Tullio, avvocato penalista e autore nel 2005 del saggio edito da Castelvecchi Centri sociali di destra. Occupazioni e culture non conformi. L'immobile di via Napoleone III è di proprietà pubblica mentre il Leoncavallo occupava una proprietà privata. "Lo stabile è in capo al Demanio", dicee al Giornale Di Tullio. "Era la sede di un ente ministeriale disciolto negli anni Novanta. Non adatto a essere riconvertito in uffici, era poi rimasto vuoto". E nel 2003 è stato occupato.

Ci troviamo nel cuore di Roma, all'Esquilino, un quartiere multietnico. In vent'anni di convivenza, nessuno tra gli inquilini ha creato problemi di ordine pubblico. Hanno tutti la residenza nello stabile e mandano i figli nelle scuole del circondario. Il Comune sa chi vive là dentro. "A differenza di altre occupazioni di sinistra che ospitano spesso immigrati irregolari", fa notare Di Tullio. "L'associazione ha cercato di saldare la morosità accumulata con Acea ma l'amministrazione Raggi ha bloccato tutto". Ora, comunque, l'allacciamento è in regola. "Senza la necessità di elemosinieri papali, come in altre occupazioni che si trovano nello stesso rione".

Evidente, poi, un'altra differenza: lo scopo. A Milano un luogo "contro" che, al di là di una certa storica e indubbia attività culturale (seppure a senso unico), si è trasformato in business. A Roma un aiuto a famiglie che non possono pagare l'affitto, figuriamoci il mutuo. Sgomberare significherebbe, dunque, togliere loro la casa. Un po' distonico rispetto alle battaglie di una certa sinistra. Tanto da farci sorgere una domanda: se anziché italiani fossero tutti stranieri, li sbatterebbero per strada?

Un'ultima annotazione. Nel corso degli anni il Leoncavallo, come anche gli altri centri sociali, è stato contiguo a una certa politica ben rappresentata in parlamento.

CasaPound, invece, rivendica da sempre la propria estraneità. "Non abbiamo rapporti con il governo", ribadisce il portavoce Luca Marsella. "E facciamo una politica antisistema". Una politica che a sinistra vorrebbero zittire.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica