E Fantozzi andò in paradiso sulle note di Carlo Martello

Folla di amici per il funerale laico alla casa del Cinema Il figlio alla camera ardente: «Papà era un po' grillino»

E Fantozzi andò in paradiso sulle note di Carlo Martello

Riguardo la morte Paolo Villaggio aveva due pensieri costanti: la paura di andarsene durante i Mondiali di calcio («nessuno si accorgerà di me») e quella di non ricevere un commiato caloroso e «affollato» come quello del suo amico Faber. Paure in entrambi i casi fugate ieri sera a Villa Borghese. Per l'attore genovese si è riunita una folla partecipe e commossa. Attori, registi, intellettuali e giornalisti. Non c'è stata, è vero, la marea umana che ha assediato la Basilica di Santa Maria Assunta a Carignano, quando il 12 gennaio 1999 il popolo di Genova ha dato l'ultimo saluto a Fabrizio De André. Di quella folla ieri alla Casa del Cinema (a due passi dalla felliniana via Veneto) erano rimasti in tre: Beppe Grillo, Dori Ghezzi (commossa) e la vedova dell'attore genovese, Maura Albites. Tra i primi ad arrivare la regista Lina Wertmüller e Plinio Fernando, l'attore che impersonava la figlia Mariangela nella saga tragicomica di Fantozzi. Poi tutti in ordine sparso. Tra gli altri, il press agent Enrico Lucherini, Roberto D'Agostino, Renzo Arbore, Carlo Vanzina, Walter Veltroni, Luca Cordero di Montezemolo, Milena Vukotic, Lidia Ravera, Carlo Freccero e Paolo Cirino Pomicino. Ad accogliere gli «ospiti» la musica di De André. Non una canzone qualsiasi, ma quel Carlo Martello le cui parole furono scritte proprio dall'amico Villaggio. È il padrone di casa, Giorgio Gosetti, direttore della Casa del cinema, a ricordare che la scelta delle musiche è dei figli. Elisabetta e Pierfrancesco hanno scelto Carlo Martello e il Fannullone, perché sono da sempre colonna sonora della loro vita. «Papà sarebbe felice conferma Elisabetta con la voce rotta dall'emozione di vedervi tutti qui». Sono tanti quelli ai quali il padrone di casa, Gosetti, chiede di salire sul palco per un ricordo, per la condivisione di un momento della vita di Villaggio. La Vukotic non riesce a dire molto. La commozione è ancora forte. «Devo a lui la mia carriera spiega -. Se incontro per strada persone che mi sorridono, questo lo devo sicuramente a Paolo. Adesso vorrei solo abbracciarlo». Ricky Tognazzi ricorda il rapporto di Villaggio con suo padre. E di come il creatore di Fantozzi riuscisse a beccare Ugo nella sua vanità di cuoco, lasciandogli bigliettini anonimi sui piatti che preparava per tutti con didascalie degne del narratore di Fantozzi («cagata», «grandissima cagata»). Quando Veltroni sale sul palco, non viene ricordato il politico. Bensì il cineasta: «l'uomo di cinema» (parola di Gosetti). Veltroni ha il merito di ricordare che Villaggio è stato il primo comico a ricevere un Leone alla carriera a Venezia. «Fantozzi lo si è stati tutti spiega Veltroni almeno una volta nella vita. E ha il merito, come Camilleri, di aver inventato un linguaggio». Tanto che la Treccani ha inserito la voce fantozziano nel patrimonio permanente della lingua italiana. Alla camera ardente allestita ieri mattina in Campidoglio sono stati in tanti a portare un ultimo saluto. Dal regista Paolo Sorrentino al suo collega Neri Parenti. Da Montesano a Lino Banfi. Anche lì tanti ricordi e commozione. Molti sorrisi. Con i cronisti sempre dietro a recepire un aneddoto, un ricordo. Il figlio alla camera ardente ha fatto la parte del leone in questo senso. Ha anche attribuito al padre simpatie grilline. E non solo per l'amicizia di lunghissima data con Grillo (passato ieri mattina, tanto in Campidoglio è ormai di casa). Quest'ultimo, però, ha evitato di confermare le simpatie politiche di Villaggio sottolineando, semmai, che Fantozzi «sicuramente votava per la Dc».

Memore tra l'altro che quelle simpatie grilline non erano mai state acritiche. «Fantozzi ha liberato gli italiani dal timore di essere soli nelle situazioni più disgraziate», come ebbe a dire lo stesso Villaggio. E gli italiani oggi commossi ringraziano.

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