E l'avvocato "anti Draghi" si prepara alla guerriglia

Conte non uscirà dalla maggioranza, ma punta a diventare la bandiera dei nostalgici

E l'avvocato "anti Draghi" si prepara alla guerriglia

Giuseppe Conte non ama avventurarsi in terre sconosciute. Non ha la vocazione dell'esploratore o del cartografo, qualche passo al buio questa volta però gli tocca farlo. Il suo futuro non avrà il marchio cinque stelle, perché non è affatto scontato strapparlo a Grillo. Il suo rapporto con il movimento in fondo è stato sempre un po' surreale. Si è ritrovato a un passo dalla poltrona di capo politico, ma più volte ha rivendicato la scelta di non essersi mai iscritto. Conte non si è mai sentito grillino. Non si è mai capito bene il motivo, forse perché come Groucho Marx non vorrebbe mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come lui. Solo che Conte non ha l'ironia di Groucho e poi è molto più pieno di sé. Non è mai stato grillino perché non gli serviva. Non gli serve neppure adesso. Le circostanze lo costringono a mettere su una specie di partito con il suo nome. Il primo passo sarà il gruppo parlamentare, con deputati e senatori, in gran parte al secondo mandato, stanchi delle bizze maoiste di Grillo. Nella squadra ci saranno anche un paio di ministri. Qui ci si interroga su come saranno i rapporti tra i «contiani» e il governo Draghi. Se ne andranno dalla maggioranza? Non c'è fretta.

Conte ripete che i rapporti con il suo successore sono ottimi. Ricorda che è stato lui a favorire l'arrivo dell'ex governatore della Bce a Palazzo Chigi. Non è vero, ma l'importante è crederci. Il fu avvocato del popolo, come tanti altri politici, è convinto che se dici una cosa con convinzione tutti prima o poi finiscono per crederci. È il sale dei suoi discorsi in diretta televisiva. Le cose sono in realtà un po' diverse. Draghi e Conte non si sono mai presi. C'è una distanza politica e umana, poca stima da una parte e rancore sottopelle dall'altra. Non arriveranno comunque allo scontro diretto.

C'è chi spinge Conte a strappare appena è possibile. È una mossa che dal punto di vista elettorale potrebbe anche avere un senso. Il nuovo movimento ha bisogno di darsi un'identità. È un modo anche per attirare il consenso di chi a sinistra non si riconosce in Draghi. A destra Giorgia Meloni sta facendo un'opposizione intelligente, dall'altra parte c'è uno spazio vuoto. Perché non occuparlo? Ci vuole coraggio e il fisico adatto. Finora non si è visto. Conte ha una vocazione governativa. Non si muove a suo agio in terre dove bisogna improvvisare, senza punti di riferimento, recitando senza copione. Se c'è una cosa che Grillo ha finalmente riconosciuto di Conte è che questo personaggio spuntato dal nulla non è un costruttore. Non sa vedere oltre l'orizzonte. È bravo a temporeggiare, ma se gli chiedi di muoversi da qui a lì si mostra spaesato. La speranza di Conte è quindi di restare nel governo, ma di far sentire la sua presenza, puntando i piedi quando c'è da rivendicare il suo lavoro come bandiera del Pd pentastellato. Il nuovo movimento nascerebbe per dare una casa a tutti i nostalgici del Conte bis. È un supporto anche ai Dem di Enrico Letta, che con Draghi si sono ritrovati a sorpresa in un ruolo marginale. La strategia insomma è spostare l'asse della maggioranza verso sinistra. Il piano prevederebbe una guerriglia parlamentare.

Tutto questo dovrebbe preoccupare Draghi. Non più di tanto. Draghi finora sta mostrando un carisma più forte dei partiti. Non è facile per gli altri mettersi di traverso. È che questo Parlamento conosce la sua debolezza politica. È uno specchio distorto del sentimento diffuso tra gli italiani.

È una fotografia del consenso che diventa ogni giorno più vecchia, lontana, poco rappresentativa. I numeri non corrispondono più alla vera forza politica. È una fragilità che pesa. Conte non sembra avere la stazza dell'anti-Draghi.

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