E Putin getta benzina sul fuoco Usa: «Sono pronto a incontrare Donald»

Pure i repubblicani contro il nuovo segretario di Stato legato a Mosca

Gian Micalessin

Il grande imbucato al tavolo nobile del potere americano sarà anche Donald Trump, ma il vero convitato di pietra si chiama Vladimir Putin. Dietro le furibonde polemiche che spaccano l'America e dividono establishment politico, servizi segreti e persino un partito repubblicano teorico vincitore della partita presidenziale, c'è sempre e solo il fantasma del presidente russo. Un fantasma dipinto come il vero «deus ex machina» della vittoria di Trump e dei fiorenti affari messi a segno dalla Exxon Mobil sulla piazza russa sotto la guida di quell'amministratore delegato Rex Tillerson appena nominato egretario di Stato.

E mentre il sospetto dilaga innescando lo scontro tra «Direttorato dell'Intelligence» (l'agenzia a cui spetta il controllo di tutti i 007) e la Cia e mettendo in rotta di collisione Trump e molti senatori repubblicani il presidente russo sembra far di tutto per alimentare i sospetti. Con una mossa destinata a seminar altra zizzania Putin annuncia d'esser pronto ad incontrare Trump «in qualsiasi momento» e appoggiarlo. «Il presidente eletto americano si è detto pubblicamente a favore della normalizzazione dei rapporti russo-americani, non possiamo che sostenerlo...» dichiara in una serie d'interviste rilanciate dal sito del Cremlino e dai principali media. «C'è bisogno solo di buona volontà, dobbiamo lavorare tenendo conto degli interessi l'uno dell'altro» sottolinea Putin.

Dichiarazioni che minacciano di rendere ancor più nervosa la situazione ai vertici di un America mai così divisa davanti a un potenziale nemico esterno. E in questo è difficile non notare le responsabilità di un Obama arrivato a pretendere, a poche settimane dalla fine del mandato, un rapporto dei servizi segreti sul ruolo giocato dal Cremlino nell'elezione di Trump. Una richiesta destinata ad alimentare ulteriori incrinature visto che sia il «Direttorato dell'Intelligence» sia l'Fbi hanno già liquidato come semplici sospetti i rapporti della Cia sulle interferenze russe. Ed ancor più grave è forse la preventiva delegittimazione di un segretario di Stato chiamato a restituire agli Usa quel ruolo di grande potenza offuscato dall'amministrazione Obama.

Certo i rapporti di Tillerson con Putin e la compagnia di Stato russa Rosneft hanno sicuramente aiutato la Exxon a diventare la prima e unica compagnia petrolifera autorizzata a operare nelle isole Sakhalin e nell'Artico russo. E l'onorificenza all'amicizia conferita da Putin a lui e all'ad Eni Paolo Scaroni nel giugno 2013 ne sono la prova. Ma quei rapporti intessuti da Tillerson per favorire la propria azienda potrebbero rivelarsi anche l'asso nella manica per svolgere la propria missione di Segretario di Stato a favore della nazione statunitense.

In America i primi ad esserne certi sono l'ex segretario di Stato Condoleeza Rice, l'ex segretario alla difesa Robert Gates e il vice presidente Dick tutti concordi, quando Trump ha chiesto la loro opinione, nel difendere la scelta di Tillerson.

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