Roma «È arrivato il momento di scrivere insieme il programma e definire con i centristi la proposta con la quale affrontare le prossime elezioni regionali in Sicilia», dice Fausto Raciti, segretario regionale del Pd. Subito gli fa eco il capogruppo centrista in Regione, Marco Forzese: «Ormai c'è una linea tracciata e condividiamo come Raciti del Pd l'esigenza di sottoscrivere il programma, per le elezioni regionali del 5 novembre, prima possibile».
Il duetto, palesemente concordato, ha a quanto pare l'obiettivo di premere su Angelino Alfano, perché il ministro nonché leader di Ap si decida a sciogliere la riserva e a concedere finalmente le sue grazie (una percentuale di voti, in Sicilia, calcolata attorno al 7%) allo schieramento di centrosinistra. Ma il furbo Angelino sa come far spasimare i cuori, e tiene ancora tutti in sospeso. Fino all'ultimo momento utile, dicono i suoi, o almeno fino a Ferragosto. Intanto, continua a farsi corteggiare e inseguire, a destra e a manca, come la bella del ballo.
Del resto, il titolare della Farnesina deve pensare al futuro, soprattutto se - come è comprensibile - vuole restare al governo, come ininterrottamente ha fatto dal 2008, passando dall'esecutivo di Silvio Berlusconi a quello di Enrico Letta a quello di Matteo Renzi a quello di Paolo Gentiloni. Tra meno di un anno si vota, e bisogna tornare in Parlamento superando gli sbarramenti, in particolare quello vertiginoso (8%) del Senato. Il Pd ha offerto ad Alfano un patto: coalizione per Palazzo Madama, che produrrebbe il risultato di abbassare quella soglia al 3%. Offerta allettante. Ma l'ipotesi ha prodotto scossoni a sinistra, con la minoranza orlandiana del Pd sul piede di guerra e Mdp di Bersani (che con Angelino ha governato fin dai tempi di Monti) che ora si scandalizza.
Una fetta importante del partito alfaniano, quella rappresentata dall'ala «nordista» dell'ex ministro Lupi, preme per tornare invece al centrodestra. E il corteggiamento nei confronti dei centristi è intenso anche da quel versante. Alfano lamenta la «fatwa» nei suoi confronti da parte di Lega e Fdi, che con Giorgia Meloni tuona il suo no ad intese con «chi ga tradito i suoi elettori». Ma Silvio Berlusconi si sta impegnando per convincere quei settori della sua coalizione ad accettare un'alleanza a sostegno del candidato Musumeci, con i centristi mimetizzati in una lista «civica». E da Fdi il capogruppo Rampelli apre all'ipotesi: «A noi andrebbe bene, d'altronde si è già fatto in Liguria». Così, al Pd che parla di accordo praticamente fatto con Ap, risponde Renato Brunetta: «Non sarei così sicuro di quanto si dice sulle intese quasi chiuse. Ho fiducia nella capacità di Berlusconi di fare ancora una volta da federatore».
Così Alfano, rassicurato di poter giocare su entrambi i tavoli, alza la posta con il centrosinistra, facendo
capire che in caso di alleanza il candidato lo sceglie lui, e deve essere un «moderato» selezionato in una terna che ha il suo avallo: Giovanni La Via, Gianpiero D'Alia o Dore Misuraca. Tutti e tre di chiara marca centrista.
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