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Ecco Moon Jae-in, il coreano gentile che vuole meno America e porte aperte a Kim

Ha stritolato i concorrenti, è figlio di un fuoriuscito dal regime comunista e si dice pronto a tornare a Pyongyang. Per riuscire dove tutti hanno fallito

Ecco Moon Jae-in, il coreano gentile che vuole meno America e porte aperte a Kim

Per una volta l'aggettivo «storiche» non è abusato. Sono state elezioni storiche le presidenziali di ieri in Corea del Sud che come da previsioni hanno visto la vittoria di Moon Jae-in, il candidato di centro sinistra, che con oltre il 40% dei voti ha sconfitto gli altri dodici aspiranti presidenti. Elezioni storiche, perché fanno seguito all'arresto dell'ex presidentessa, la conservatrice Park Geun-hye figlia del dittatore Park Chung-hee che dopo l'impeachment attende in carcere l'esito del processo per corruzione con cui potrebbe essere condannata all'ergastolo. Storiche, perché arrivano al culmine di settimane in cui la tensione tra la Corea del Nord e il resto del mondo è cresciuta all'inverosimile, fino a far temere l'esplosione di un conflitto nucleare. E che fosse un momento campale nella storia del Paese lo hanno capito tutti gli elettori sudcoreani: alta l'affluenza, 77,2%, anche perché il giorno delle elezioni in Corea del Sud è festa. Il 26% degli aventi diritto aveva sfruttato la possibilità data dalla legge di votare fino a 48 ore prima.

Quasi doppiati gli altri pretendenti: Hong Joon-pyo, candidato per conservatore della presidentessa Park, travolto dagli scandali e diviso, è arrivato al 23%; poco meno il centrista Ahn Cheol-soo, magnate dell'informatica che ha ottenuto il 21%. «È una vittoria della voglia di cambiare ha dichiarato a caldo : la voglia di riforme e di unità del popolo coreano». E di unità avrà bisogno Moon anche all'interno dell'Assemblea legislativa, il suo partito può contare sulla maggioranza relativa (123 seggi su 300) ottenuta alle politiche, ma dovrà sudarsi l'appoggio parlamentare al governo da varare entro fine mese.

Il neo presidente Moon è figlio più anziano di un rifugiato nordcoreano. Avvocato specializzato in diritti umani, è stato capo dello staff dell'ex presidente Roh Moo-hyu, prima di sfidare, perdendo, l'ex presidentessa Park nelle elezioni 2012. Un passato nelle forze speciali dell'esercito con cui ha partecipato a un'operazione nella zona demilitarizzata, dagli osservatori internazionali Moon è visto come l'alfiere del dialogo con la Corea del Nord. Colui che coltiva l'ambizione di smarcarsi almeno in parte dall'alleanza con Washington, che comunque mantiene sul territorio quasi 30mila soldati. Specie dopo che il presidente Trump ha sostenuto (subito smentito dal suo entourage) che la Corea del Sud dovesse pagare il salato conto per l'istallazione del sistema missilistico Thaad che dovrebbe difendere il Paese da eventuali aggressioni da Nord , completato una settimana fa, giusto per non aver problemi con il nuovo Presidente. In campagna elettorale Moon ha detto di voler recuperare le Sunshine Policy, la politica di riavvicinamento tra le due Coree instaurata tra il 1998 e il 2008 e portata avanti dal presidente Kim Dae-jung. E si è spinto fino a proclamarsi intenzionato a visitare Pyongyang per incontrare Kim, purché riveda le ambizioni nucleari. Non solo: come segno di buona volontà, Moon ha anche promesso di riaprire il sito industriale di Kaesong, dove fino al 2013 centoventi imprese di Seoul impiegavano oltre 50mila lavoratori nordcoreani. Sarà per questo ieri che, con una mossa alquanto inusuale, il principale quotidiano di Pyongyang aveva invitato i cittadini sudcoreani a non votare per i conservatori «marionette e complici di Park», lasciando intendere che Moon è più gradito a Kim.

Ma i sudcoreani che lo hanno scelto sono più interessati a come gestirà le questioni interne che alla sua politica internazionale. A loro Moon ha promesso di lottare contro la corruzione dilagante, riformando il sistema dei chaebol, i mega conglomerati industriali dalla Samsung alla Hyundai che reggono l'economia del Paese e in questi anni sono state vittime di scandali a raffica. Ma anche di diminuire le diseguaglianze economiche e favorire l'accesso dei giovani al mercato del lavoro in un Paese sempre più vecchio.

Il suo lavoro inizia da oggi: con Park in carcere il posto di presidente è vacante e non ci sarà periodo di transizione.

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