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Eni primo partner per il gas di Tripoli. Investimento record da otto miliardi

Con il gruppo locale Noc è la maggiore operazione degli ultimi 25 anni "Messaggio al mondo delle imprese"

Eni primo partner per il gas di Tripoli. Investimento record da otto miliardi

Eni punta forte sulla Libia e conferma la propria forza, nel continente africano e nel Mediterraneo, e la leadership energetica. Il nuovo colpo, dopo i recenti accordi siglati in Algeria, sarà di 8 miliardi di dollari. Un investimento al momento ancora non ufficiale - che sarà però annunciato oggi a Tripoli in occasione della visita della premier Giorgia Meloni - e che secondo il presidente della Compagnia petrolifera nazionale libica (Noc), Farhat Bengdara. «É il più rilevante da più di un quarto di secolo». Per il capo della Noc, «un chiaro messaggio alla comunità imprenditoriale internazionale che lo Stato libico ha superato la fase dei rischi politici», e per l'Eni una nuova scommessa in un Paese nel quale il Cane a sei zampe ha una lunghissima storia (è presente dal 1959). Tra l'altro, fu proprio la crisi libica del 2011 che culminò con la morte di Gheddafi e l'interruzione delle forniture con il gasdotto Greenstream ha spingere l'Italia e l'Eni (allora sotto la guida di Paolo Scaroni) ulteriormente verso la Russia.

Un ritorno al passato, dunque. Anche se Eni in questi anni non ha mai lasciato il Paese. Nel 2021 la società italiana ha prodotto 24 milioni di barili di petrolio e 5,6 miliardi di metri cubi di gas e ora si prepara a siglare un accordo che riguarda due giacimenti off-shore prospicienti alle «costa occidentale», dove si trova Tripoli: si tratta di due siti che erano già stati esplorati e che avrebbero dovuto iniziare la produzione quattro anni fa, tra il 2017-2018. Bengdara ha precisato che per sviluppare i due giacimenti, che hanno riserve stimate per 6 trilioni di piedi cubi, saranno necessari circa tre anni e mezzo. Al ritmo di 850 milioni di piedi cubi al giorno già evocato dal presidente Noc, la produzione potrà andare avanti per 25 anni.

Instabilità geopolitica a parte, la Libia è una fonte energetica a cui l'Italia non può rinunciare, pur stando bene attenta a non dipendervi. Inoltre sul Paese hanno una presenza e forti mire anche Francia e Turchia. Anche per questo, la scorsa estate, l'ad Claudio Descalzi aveva incontrato a Roma Bengdara manifestando la volontà di lanciare una nuova fase di investimenti nel Paese.

Secondo l'Agenzia Usa per l'energia a fine 2021 la Libia deteneva 48 miliardi di barili di petrolio, il 3% delle riserve globali accertate (il 39% di quelle africane). E ha oltre 1,5 miliardi di metri cubi di riserve di gas, che ne fanno il quinto Paese africano con più metano. Al momento, il flusso di gas dalla Libia verso l'Italia è di 7-8 milioni di metri cubi al giorno, dopo le temporanee interruzioni del 5 e 6 gennaio. Secondo la mappa di Snam, il gas libico arriva a Gela, in Sicilia, dall'impianto libico di Mellitah tramite il Greenstream, il gasdotto di oltre 500 chilometri che attraversa il Mar Mediterraneo, con una cadenza oraria di circa 330 mila metri cubi all'ora. Le operazioni sono svolte dalla Mellitah Oil & Gas, società compartecipata paritariamente da Eni e da Noc.

Secondo gli analisti di Equita, «negli ultimi anni la produzione libica di Eni - così come di altre compagnie oil - ha risentito dell`instabilità politica e delle frequenti interruzioni per forza maggiore. L`instabilità ha riguardato prevalentemente le produzioni onshore e hanno mantenuto i volumi al di sotto della capacità produttiva di M/L termine. Gli investimenti offshore appaiono meno soggetti all`instabilità e potrebbero portare maggiore valore aggiunto ad Eni sulle forniture gas all`Europa».

Bene il titolo Eni che ieri ha chiuso l'ultima seduta della settimana a Piazza Affati a quota 14,29 euro in rialzo dello 0,66% e sempre ai massimi degli ultimi tre anni, tornato ai livelli precedenti il Covid.

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