Cronache

Eni, tutti assolti: è la disfatta della Procura

Crolla il teorema del pm De Pasquale, ora sotto inchiesta per abuso d'ufficio

Eni, tutti assolti: è la disfatta della Procura

Una disfatta che ne preannuncia un'altra: l'azzeramento per via disciplinare della Procura di Milano, l'ufficio che fu la culla di Mani Pulite e che ora è investito da una tempesta senza precedenti. Ieri mattina in una manciata di minuti la Corte d'appello di Milano azzera l'unico troncone ancora in piedi delle indagini della Procura sulle presunte tangenti Eni, l'inchiesta che i pm milanesi hanno condotto usando come testimoni d'accusa due «avvelenatori di pozzi» come Vincenzo Armanna e Pietro Amara, lobbisti, calunniatori e mestatori. E i cui veleni ora si ritorcono contro i pm che li hanno elevati al rango di fonti attendibili e privilegiate.

La sentenza che fa piazza pulita dei teoremi del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale arriva a conclusione del processo ai due uomini d'affari, Emeka Obi e Gianluca Di Nardo, accusati di avere fatto da tramite tra Eni e pubblici ufficiali corrotti del governo nigeriano per una tangente gigantesca in cambio della concessione del giacimento Opl 245. I vertici di Eni - tra cui il ceo Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni - sono già stati assolti, e così pure ministri ed ex ministri nigeriani. Che potessero venire condannati i mediatori di una tangente mai dimostrata era quindi piuttosto improbabile. A mettere una pietra tombale sulle tesi della procura milanese aveva poi provveduto nella udienza scorsa il sostituto procuratore generale Celestina Gravina che anziché chiedere la conferma della condanna dei mediatori aveva consegnato ai giudici una richiesta di assoluzione nutrita di giudizi spietati sulle modalità con cui De Pasquale aveva condotto il processo.

Ieri mattina la Corte d'appello (presidente Rosa Polizzi) fa proprie in pieno le tesi della procura generale e annulla le condanne inflitte in primo grado «perché il fatto non sussiste». Nessuna corruzione provata, solo un castello di ipotesi campate in aria. E, curiosamente, la sentenza della Corte d'appello arriva proprio negli stessi minuti in cui 500 km più a sud, nella sede del Consiglio superiore della magistratura, si sta compiendo l'atto che ribalta i ruoli: da accusatrice, la Procura di Milano si ritrova sul banco degli accusati, sospettata di avere gestito l'inchiesta Eni - ed i numerosi rivoli fangosi da essa generati - violando una lunga serie di norme penali, procedurali e disciplinari.

Davanti alla prima commissione del Csm va a sedersi Francesca Nanni, procuratore generale di Milano. La Nanni non era ancora a Milano quando si compivano i passaggi più oscuri della vicenda: l'arrivo dalla Sicilia del fascicolo sul fantomatico complotto dell'Eni ai danni dei pm milanesi, l'interrogatorio a Milano del sedicente pentito Amara, l'insabbiamento delle sue dichiarazioni sulla «loggia Ungheria», il gruppo occulto di potere costituito da giudici, politici, affaristi. Quando è arrivata a Milano, la Nanni è rimasta scandalizzata da quanto ha appreso. E ieri va a riferire le sue informazioni al Csm, senza indulgenze.

Non è un procedimento disciplinare, la prima commissione si occupa di un aspetto altrettanto delicato: la compatibilità ambientale dei magistrati, la loro capacità di esercitare in modo credibile la loro funzione in un determinato luogo e ruolo. E appare difficile che il Csm possa rimanere indifferente davanti al quadro che sta emergendo dall'inchiesta Eni, con prove favorevoli alle difese tenute nascoste, e con i verbali del calunniatore Amara usati dalla procura solo per cercare di intimidire i giudici del processo e condizionarne le decisioni.

Il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale è sotto procedimento penale a Brescia per abuso d'ufficio per il suo comportamento nel caso Eni. Il suo capo, Francesco Greco, ne ha rivendicato di fatto l'operato, con un comunicato sulla sua «assoluta professionalità»: e d'altronde è impensabile che De Pasquale abbia potuto agire all'insaputa del suo capo.

Andrà a finire che Greco andrà in pensione, sotto tiro resteranno De Pasquale e il suo oppositore Paolo Storari: ma a pezzi ne uscirà soprattutto la Procura di Milano, e questo non è un bene per nessuno.

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