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Europa utile e inevitabile ma non scalda i cuori. Critici 6 giovani su dieci. E i giudizi più negativi sono sull'immigrazione

Né progetto politico, né entità da respingere: l’Unione va bene per quel che garantisce. Solo un terzo degli italiani vuole uscire. Scetticismo diffuso su guerra e green, gli anziani i più severi

Europa utile e inevitabile ma non scalda i cuori. Critici 6 giovani su dieci. E i giudizi più negativi sono sull'immigrazione
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l rapporto tra gli italiani e l'Unione europea è segnato da una profonda ambivalenza che attraversa generazioni, territori e condizioni sociali. È quanto emerge con chiarezza dai dati dello studio effettuato da Noto Sondaggi per Il Giornale. L'Europa non è più percepita come un grande progetto politico capace di mobilitare consenso e adesione ideale, ma nemmeno come un'entità da respingere. È piuttosto vissuta come una presenza strutturale, un livello di governo inevitabile che incide sulle politiche nazionali senza riuscire a trasformarsi in una vera comunità di appartenenza. L'adesione all'Unione appare quindi prevalentemente funzionale: l'Europa è accettata, anche se in modo critico, più per ciò che garantisce o impone che per ciò che rappresenta.

Un primo dato significativo riguarda l'identità. Solo il 38% degli italiani si definisce sia europeo che italiano, mentre la maggioranza assoluta, il 57%, si sente esclusivamente italiana. Questo risultato, tuttavia, non si traduce automaticamente in un rifiuto dell'Unione. La distanza identitaria convive infatti con una valutazione più articolata del ruolo europeo. Il vero nodo critico riguarda piuttosto la fiducia: solo un cittadino su due dichiara di fidarsi dell'Unione Europea ed il 60% ritiene che Bruxelles non riesca a rappresentare adeguatamente gli interessi dell'Italia. A rafforzare questa percezione contribuisce l'idea diffusa, nel 46% degli intervistati, che le decisioni europee rispondano prevalentemente agli interessi di Francia e Germania.

Nonostante questo quadro critico, il sondaggio restituisce un'immagine meno radicale di quanto spesso emerga nel dibattito pubblico. Infatti se si dovesse votare in un ipotetico referendum per decidere la permanenza dell'Italia nell'Unione, il 54% confermerebbe la continuità mentre 1/3 opterebbe per l'uscita. Questo non vuol dire però che l'Europa debba essere accettata così come è adesso. Gli italiani, più che "anti-europei", si collocano in una posizione intermedia. La maggioranza, il 56%, si definisce infatti "europeista molto critico", mentre gli europeisti convinti rappresentano una minoranza pari al 16%. Sul fronte opposto, gli apertamente contrari all'Unione si attestano al 17%. Ne emerge un atteggiamento diffuso di adesione condizionata: l'Europa non viene rifiutata, ma è sottoposta a una valutazione costante, legata ai risultati concreti che però, negli ultimi anni, non sono molto evidenti.

Bisogna anche dire che nei momenti di emergenza, come durante la pandemia, l'Unione è stata riconosciuta come un fattore di stabilità e di protezione ma uno stesso giudizio non si manifesta invece con le crisi attuali come la guerra in Ucraina o il tema dell'immigrazione. Oggi il giudizio negativo emerge in modo netto sulle principali politiche europee. L'intervento dell'Unione, sia nella gestione del conflitto tra Putin e Zelensky (52% negativo) sia sui temi dell'immigrazione (66% negativo), raccoglie valutazioni prevalentemente critiche. Analoga bocciatura riguarda l'accelerazione delle politiche green percepite come potenzialmente dannose (54%) per lo sviluppo economico italiano, sebbene i recenti ripensamenti europei su questo fronte potrebbero parzialmente attenuare questa opinione.

Le differenze emergono con forza osservando i diversi target. Tra i giovani prevale un atteggiamento relativamente più aperto. La maggioranza (53%) si fida dell'Europa. Accanto a questa apertura, però, si registra una crescente disillusione, tanto che si iscrive nella categoria "europeisti critici" ben il 59% di chi ha tra i 18-34 anni.

Nelle fasce adulte centrali il giudizio si fa più severo. Qui l'Europa viene valutata principalmente per l'impatto sull'economia, sul costo della vita, sulla pressione fiscale e sui vincoli di bilancio. È in questo segmento che si concentra lo scetticismo più marcato: non un rifiuto dell'integrazione, ma la convinzione che l'Unione imponga regole stringenti senza offrire risposte adeguate ai problemi concreti di famiglie e imprese. La qual cosa genera una maggiore percezione di criticità tanto che è proprio in questo profilo che prevalgono coloro i quali (40%) preferirebbero che l'Italia uscisse dall'Europa .

Tra gli anziani, infine, il rapporto con l'Europa appare distante e meno strutturato. L'Unione resta un'entità astratta, spesso confusa con la politica nazionale, e il giudizio è fortemente influenzato dal confronto con il passato e dalla percezione che l'Europa non riesca a rappresentare gli interessi dell'Italia (64%).

Nel complesso, i dati

restituiscono l'immagine di una Unione riconosciuta come necessaria, ma fragile sul piano del consenso profondo. È accettata più per convenienza che per convinzione, più come vincolo inevitabile che come progetto condiviso.

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