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Patuanelli ora dà la fiducia a Draghi. E il M5S (dopo il bluff) prova la retromarcia

Il ministro delle Politiche agricole avrebbe invitato i grillini a confermare la fiducia all'esecutivo. Conte si è auto-incartato: pressing dei governisti per evitare lo strappo finale

Patuanelli ora dà la fiducia a Draghi. E il M5S (dopo il bluff) prova la retromarcia

Fiducia sì, fiducia no. Ritiro sì, ritiro no. Caos totale nel Movimento 5 Stelle, che nei fatti non sa cosa inventarsi per uscire dall'impasse che ha creato con le proprie mani. I grillini sono in tilt: in mattinata è spuntata l'ipotesi di ritirare i ministri dal governo, voce prontamente smentita dalle fonti M5S. E ora le sorti del Paese potrebbero essere appese al voto online dei pentastellati, visto che si sta considerando di consultare la base in merito alla fiducia a Draghi.

Il Consiglio nazionale non ha ancora assunto una decisione ufficiale. Incontri, riunioni, vertici: appuntamenti che non hanno sbrogliato il nodo. I ministri non pare abbiano intenzione di fare un passo indietro. Come riferito dall'Agi, Stefano Patuanelli (ministro delle Politiche agricole) avrebbe invitato i compagni a confermare la fiducia al governo Draghi e sottolineato la necessità di appoggiare l'esecutivo. Anche Federico D'Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, avrebbe espresso il dissenso verso la linea dura.

La retromarcia

I 5S volevano mettere il piede in due scarpe, fingersi all'opposizione ma restare in maggioranza. Una strategia per cercare di racimolare qualche consenso senza però rinunciare alle poltrone. Tuttavia il bluff del Movimento 5 Stelle non è riuscito: il non voto alla fiducia al decreto Aiuti ha costretto il premier Mario Draghi a rassegnare le dimissioni (anche se, al momento, congelate dal presidente Sergio Mattarella). Alla fine il M5S si è messo all'angolo da solo, incartandosi in una situazione dagli effetti negativi per le sorti dei grillini.

Il doppio gioco del M5S

Eppure nei primi momenti i 5 Stelle avevano brindato. "Non si dimette", avevano esultato i grillini. Il cui progetto era fantasioso: prendere le distanze dal decreto Aiuti, evitare il passo indietro di Draghi, continuare a sostenere l'esecutivo, restare in maggioranza e intestarsi eventuali vittorie sul salario minimo e altri punti del documento delle priorità presentate da Giuseppe Conte al presidente del Consiglio. Ma la realtà dei fatti ha ridotto in mille pezzi le utopie del Movimento.

Il M5S avrebbe voluto portare avanti la legislatura, incollato alle poltrone e con l'occhio rivolto verso la pensione che molti parlamentari matureranno a fine settembre. E proprio questo, fa notare Il Messaggero, è uno dei punti cardine che spaventa per eventuali elezioni anticipate. "Otto-nove mesi di stipendio in meno, più 15mila euro a testa per riscattare quello che manca per arrivare alla pensione, se la legislatura finisse prima del 24 settembre", è il commento di un dimaiano.

Il rischio fuga

Forti preoccupazioni riguardano ulteriori fughe dal gruppo pentastellato. Solo nelle ultime ore si sono registrati due addii: il deputato Francesco Berti e la senatrice Cinzia Leone hanno sposato la causa di Luigi Di Maio. Inoltre, come scrive Pasquale Napolitano su ilGiornale in edicola oggi, all'orizzonte si intravedono altre uscite: gli occhi sono puntati su Alfonso Bonafede, Stefano Buffagni, Federico D'Incà e Giancarlo Cancelleri.

Conte è impantanato: se continuerà a giurare fedeltà a Mario Draghi potrebbe provocare la reazione dei "ribelli" che sono tentati dalla possibilità di trasferirsi all'opposizione; se invece confermerà la linea dura e arriverà allo strappo finale si potrebbe andare incontro a una scissione nella scissione con tanto di fuga da parte di chi appartiene all'ala governista.

Il tonfo alle elezioni

Fonte di enormi timori è anche l'ombra di un tonfo alle urne: la strada delle elezioni anticipate potrebbe mettere i 5 Stelle davanti a una situazione di declino irreversibile, con percentuali di consenso ai minimi storici. In alcuni sondaggi emerge che il Movimento a fatica raggiunge il 10%, mentre in altri viene dato addirittura sotto. Senza dimenticare i risultati scadenti delle ultime elezioni amministrative.

Da Insieme per il futuro, il nuovo gruppo di Luigi Di Maio, bollano la mossa di Conte come un tentativo disperato di incrementare voti, ma il bluff non riuscito potrebbe generare l'effetto opposto e creare un'altra emorragia di preferenze.

Una pessima notiza per il Partito democratico di Enrico Letta, per l'alleanza giallorossa e per il campo largo auspicato per battere il centrodestra.

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