
Arrivata sul tavolo da pranzo del Consiglio europeo, la proposta del premier spagnolo Sánchez di sospendere l'accordo di associazione tra Ue e Israele che dal 2000 regola gli scambi economici con l'Ue è stata subito maldigerita da altri leader, a partire dalla premier Meloni, dal cancelliere tedesco Merz e dal capo del governo ungherese Orbán; che assieme a Grecia, Austria, Romania e Lituania hanno infine bocciato la sospensione dell'intesa.
Posizioni più sfumate anche da esponenti liberali come il presidente francese Macron, secondo cui l'obiettivo è uno Stato palestinese smilitarizzato che riconosca l'esistenza e la sicurezza di Israele. Tra distinguo e frizioni, il premier spagnolo è stato dunque messo ai margini, nonostante i toni usati del leader iberico, la cui linea sanzionatoria del "qui e ora" sostenuta anche da tutto il Partito socialista europeo è stata appoggiata apertamente in Consiglio soltanto da Belgio, Irlanda, Svezia e Slovenia, e solo in parte da Parigi.
Sánchez si è presentato a Bruxelles parlando di una "situazione catastrofica di genocidio" nella Striscia. Definizione che tra i 27 ha fatto alzare il sopracciglio.
E alla fine si è giocato al ribasso: "Il Consiglio europeo chiede un cessate il fuoco immediato a Gaza e il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi che porti alla fine permanente delle ostilità; deplora la terribile situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili e i livelli di fame e invita Israele a revocare completamente il blocco su Gaza", si legge nelle conclusioni del vertice.
Nel giorno in cui Tel Aviv ha interrotto la distribuzione degli aiuti ai palestinesi, i 27 "prendono nota" del report dell'Alto Rappresentante Ue Kallas sulle violazioni a Gaza e in Cisgiordania, invitando il Consiglio a proseguire le discussioni a luglio. Nulla di più. Kallas è stata incaricata dal presidente del Consiglio Ue, Costa, di "proporre possibili misure" anche in vista dal prossimo Consiglio Esteri di luglio. Ma, come ammette la presidenza portoghese, la richiesta non si è traslata in modifica delle conclusioni. Sánchez era stato invece tranchant: "Israele sta violando l'articolo 2 dell'accordo di associazione con l'Ue relativo al rispetto dei diritti umani", ha detto chiedendo ai colleghi di votarne la sospensione immediata. "Non ha senso aver portato avanti 18 pacchetti di sanzioni alla Russia per l'aggressione all'Ucraina", l'argomentazione dell'iberico che ha accusato l'Ue di "un doppio standard" rispetto alle valutazione su Mosca. Distinguo e frizioni già alla vigilia, su Israele. Perfino la Slovenia si era fatta sentire paventando la linea dura col premier Golob, che invita ora a procedere in ordine sparso rinfacciando ai partner di anteporre "interessi nazionali" ai diritti umani. "Se l'Ue non prende provvedimenti tangibili si agirà come singoli Stati", la sua promessa.
I cartelli nazionali della famiglia di Sánchez ed Elly Schlein denunciavano "crimini di guerra" a Gaza e la "risposta debole dell'Ue", ma è stata una débacle. Sánchez in minoranza. Servirebbe invece l'unanimità dei 27 leader, per interrompere l'accordo. Decisione rimandata al prossimo vertice. Alla pre-discussione dei socialisti europei invitati in video anche il leader dell'opposizione israeliana, Golan, e il premier palestinese Mustafa. Scelta che ha creato malumori al Consiglio, che certifica i negoziati come via primaria, senza sanzioni.
Con l'Ue divisa, ma sulla carta impegnata per la pace. I 27 hanno deciso di rinnovare i mandati due missioni civili: quella di assistenza al valico di Rafah (Eubam) e della missione di polizia nei territori palestinesi (Eupol Copps).