I brevetti per la produzione dei vaccini sono un bene o no? Qualche leader internazionale, come il presidente americano Joe Biden e quello francese Emmanuel Macron, hanno catturato facili consensi proponendo una liberalizzazione nella convinzione che questo consentirebbe una maggiore produzione soprattutto nei Paesi meno ricchi. Però per qualcuno è stata proprio la politica dei brevetti a consentire di produrre quella decina di miliardi di dosi che alla fine saranno inoculate in tutto il mondo nel corso del 2021.
Tra chi contesta il far west dei brevetti c'è il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, che rappresenta chi i vaccini li ha sviluppati e prodotti, naturalmente guadagnandoci. «Senza la spinta agli investimenti garantita dai brevetti - fa notare Scaccabarozzi - oggi non potremmo beneficiare di questi strumenti, fondamentali per superare la crisi pandemica e ritornare a una vita normale. La loro esistenza non ha impedito le necessarie collaborazioni tra imprese per aumentare al massimo la capacità produttiva visto che sono quasi 300 le collaborazioni tra produttori a livello globale». Non solo: «Come è stato ricordato recentemente dal presidente del Consiglio Mario Draghi - aggiunge il presidente degli industriali farmaceutici - la produzione di vaccini è molto complessa e non facilmente replicabile. La liberalizzazione dei brevetti non è quindi la soluzione. E oltretutto crea un disincentivo agli investimenti a danno delle cure». Quindi la strada da seguire sarebbe quella indicata dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti: «Una crescente partnership per attrarre sempre nuovi investimenti, perseguire il trasferimento tecnologico e porre le basi di un Polo di ricerca per farmaci e vaccini pubblico-privato che consenta all'Italia e all'Europa di dare un contributo ancora più forte alla produzione di vaccini». Cinqie secondo Scaccabarozzi gli sted per garantire maggiore equità: «Aumentare la condivisione delle dosi, ottimizzare la produzione, eliminare le barriere commerciali, sostenere la distribuzione nei Paesi a basso e medio reddito e sviluppare nuovi vaccini e terapie».
Di brevetti sui vaccini si è parlato ieri anche in sede Ue, dove in Parlamento sono emerse posizioni molto distanti. Da una parte diversi eurodeputati hanno invitato la Commissione a sostenere la deroga ai diritti di proprietà intellettuale come elemento essenziale per accelerare la disponibilità dei vaccini nei Paesi a basso e medio reddito. Dall'altra, molti hanno sostenuto che una rinuncia al brevetto è una «falsa buona idea» che non accelererebbe la fornitura di vaccini e danneggerebbe l'innovazione.
Tutti d'accordo solo nel criticare Stati Uniti e Regno Unito che hanno accaparrato dosi mentre l'Ue esportava circa la metà della sua produzione nei Paesi bisognosi. Una risoluzione sul tema sarà votata nella prossima sessione plenaria del 7-9 giugno.
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