Fausto e Iaio, si riapre l'inchiesta sul delitto

Nuova indagine dopo 47 anni. La pista romana sull'estremismo di destra e il ruolo di Carminati

Fausto e Iaio, si riapre l'inchiesta sul delitto
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Una telefonata partita dal centralino del «Beccaria», il carcere minorile di Milano, la sera del 24 marzo 1978. Riparte da lì, a quasi cinquant'anni di distanza, l'indagine su uno dei pochi delitti irrisolti degli anni di piombo: l'assassinio di due ragazzi dell'ultrasinistra, Lorenzo Tinelli e Fausto «Iaio» Iannucci, uccisi a sangue freddo a Milano, vicino al centro sociale Leoncavallo, la sera del 18 marzo. Due giorni prima le Brigate Rosse avevano rapito Aldo Moro massacrando la sua scorta. Nell'Italia allibita e spaventata di quei giorni, il duplice delitto di Milano venne dimenticato in fretta.

Per anni il fascicolo è rimasto aperto. La Procura di Milano ha battuto tre piste diverse: lo spaccio di droga, il neofascismo milanese, i Nar romani, persino i servizi deviati. Andando a sbattere tutte le volte contro un ostacolo quasi inspiegabile: in un mondo, quello dell'ultradestra armata, dove i «pentiti» hanno svelato quasi tutto, sull'assassinio di Fausto e Iaio sono arrivate solo voci vaghe, confidenze di seconda mano raccolte nelle carceri, impossibili da riscontrare. Valerio Giusva Fioravanti, capo dei Nar, che pure aveva ammesso quasi tutti i reati attribuitigli, quando lo accusarono per Fausto e Iaio disse di non saperne nulla, ma gettò lì una spiegazione forse preziosa: «Uno dei tanti casi di rappresaglia locale legata all'antagonismo tra destra e sinistra».

E proprio da lì riparte la nuova indagine. I pm milanesi Francesca Crupi e Leonardo Lesti, su richiesta dell'avvocato Nicola Brigida, legale di entrambe le famiglie, hanno ottenuto la riapertura delle inchieste archiviate nel corso degli anni. In particolare quella sulla «pista romana», che aveva come principale indagato Mario «Marione» Corsi, esponente del Fuan, uno dei gruppi violenti del neofascismo romano, e insieme a lui Massimo Carminati e Claudio Bracci, leader e uomo di punta dell'estremismo di destra. Ma a venire riaperto è anche il filone di indagine più «milanese», il più prossimo alla spiegazione fornita da Giusva Fioravanti: il troncone che portava verso lo squadrismo milanese, verso il milieu dove in quegli anni si incrociavano militanza neofascista e spaccio di droga. Il «Leoncavallo» aveva avviato una campagna di inchieste e di pestaggi ai danni degli spacciatori. Una settimana prima dell'uccisione di Fausto e Iaio, un fascista accusato di vendere eroina era stato picchiato duramente. I due ragazzi non partecipano, ma arrivano sulla scena poco dopo. Forse qualcuno li riconosce.

Il 24 marzo, la telefonata. Due giovani neofascisti hanno un incidente in moto, quando arriva la polizia li trova armati di una pistola e li arresta. Dal carcere uno dei due riesce a chiamare un bar. Da quella telefonata, sembra di capire che il giovane appena arrestato sappia molto dell'uccisione di Fausto e Iaio. Chiede di fare sparire un impermeabile chiaro: come quello descritto dai testimoni dell'uccisione dei due ragazzi. Ma il filone non viene approfondito.

Dalla rilettura di quella telefonata, e di tanti altri atti delle indagini, riparte ora l'inchiesta dei pm Crupi e Lesti.

Che potrebbero avere dalla loro parte, come in altri casi riaperti, i progressi della scienza: se non fosse che il cappello di lana sporco di sangue lasciato sul luogo dell'uccisione di Fausto e Iaio è stato distrutto «per motivi di igiene» nell'ufficio corpi di reato.

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