Gian Micalessin
La strage era nell'aria, ma le autorità tedesche - prima fra tutte una Angela Merkel preoccupata per il proprio futuro politico - avevano fatto di tutto per metterci la sordina. Ma infilare la testa sotto la sabbia non è servito. I segnali del resto erano evidenti. I primi a lanciare l'allarme erano stati «Europol» e il coordinatore europeo delle politiche anti terrorismo Gilles de Kerchove annunciando, già ai primi di dicembre, la possibilità di una serie di attentati dello Stato Islamico in coincidenza con le feste natalizie. Un allarme subito confermato dal doppio inquietante tentativo di un ragazzino dodicenne di origini irachene di far esplodere un ordigno pieno di chiodi accanto ai mercatini di Natale della città di Ludwigshafen.
Il primo tentativo era andato a vuoto il 26 novembre quando la bomba era stata ritrovata inesplosa. Il secondo tentativo era invece stato sventato il 2 dicembre grazie all'attenzione di alcuni passanti che avevano visto il ragazzino togliersi di spalla uno zainetto e nasconderlo in un aiuola del mercato. Il sospetto - interrogato ed affidato ai servizi sociali, visto l'impossibilità in base al codice penale tedesco di arrestarlo - era risultato in stretto contato con un militante jihadista direttamente legato allo Stato Islamico. Eppure nonostante queste evidenze le autorità avevano fatto il possibile per minimizzare la vicenda e non allarmare la popolazione.
Ora però la tragedia di Berlino, così simile alla strage di Nizza della scorsa estate, rischia di far emergere una colpevole sottovalutazione della minaccia. Una sottovalutazione aggravata dal tentativo delle autorità di privilegiare l'incolumità politica della Cancelliera Merkel a dispetto della sicurezza dei propri cittadini. Una colpa ancor più grave se esamina l'attentato alla luce dei precedenti degli ultimi 10 mesi. Precedenti sufficienti a far comprendere come l'infiltrazione di terroristi tra gli immigrati avesse trasformato la Germania in un bersaglio privilegiato.
A febbraio ad Hannover una ragazzina di 15 anni aveva pugnalato un poliziotto sostenendo di agire per conto dello Stato Islamico. A luglio un rifugiato afghano 17enne era stato ucciso dalla polizia dopo aver ferito a colpi d'ascia cinque passeggeri di un treno. E, pochi giorni dopo ad Ansbach, un rifugiato siriano era rimasto ucciso dall'esplosione del proprio uno zainetto fatto deflagrare, ferendo 15 passanti, all'entrata di un concerto.
I precedenti più simili, assieme alla strage di Nizza, erano però gli «incidenti» registrati in Francia alla vigilia delle festività natalizie del 2014 quando almeno tre islamisti - liquidati dalle autorità di Parigi come semplici squilibrati - avevano usato automobili e furgoni per colpire i mercatini di Natale.
Attentati preceduti dal famoso invito del portavoce dello Stato Islamico Abu Mohammad Al Adnani che aveva invitato a colpire gli infedeli «investendoli con un auto o colpendoli con un sasso». Un invito sopravvissuto al suo autore eliminato lo scorso settembre da un missile americano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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