Camilla Conti
La situazione a Montebelluna deve essere davvero critica. Perchè alle ventuno di ieri sera, mentre andavamo in stampa, mancava ancora all'appello il comunicato ufficiale sull'esito del cda di Veneto Banca iniziato lunedì pomeriggio alle tre per fissare la forbice di prezzo dell'aumento di capitale da un miliardo. Non essendo una società quotata, non vi era alcun obbligo per l'istituto di Montebelluna ma dopo il flop dell'aumento e della quotazione in Borsa della Popolare di Vicenza, il mercato vuole capire come - e se - verrà sciolto il nodo delle popolari venete. Non a caso il «limbo» è costato caro in Piazza Affari ai titoli del credito: il Banco Popolare ha perso il 7,3%, Bper il 5,1%, Bpm il 5,4%, Unicredit più del 4%, Mps il 2,9% mentre Intesa Sanpaolo ha lasciato sul terreno il 2,78 per cento.
Rallentamenti fisiologici visto il numero di soggetti coinvolti che dovevano approvare il documento, spiegano da Montebelluna. Mentre fonti finanziarie riferiscono al Giornale che il cda iniziato lunedì e andato avanti fino a notte fonda in realtà sarebbe stato riaperto ieri per approfondire gli ultimi dettagli. In particolare - è un altro retroscena raccolto in serata - il fondo Atlante avrebbe chiesto maggiori garanzie su alcune voci patrimoniali e rischi da coprire con opportuni accantonamenti. Mediobanca non ha invece sottoscritto quote di Veneto Banca anche se nelle scorse settimane l'ad, Alberto Nagel, aveva aperto a un possibile intervento se fosse necessario per il buon esito dell'aumento come aveva fatto per l'operazione vicentina dichiarandosi pronto a comprare il 5% ma solo se la popolare si fosse quotata. Ieri sono riecheggiate le solite indiscrezioni: la forbice di prezzo per l'Ipo fissata fra un valore minimo di 10 e un massimo di 50 centesimi per azione (che di fatto azzera l'attuale compagine sociale) e l'arrivo del fondo Atlante che avrebbe già firmato l'accordo con Banca Imi, la controllata di Intesa, per subentrare al consorzio di garanzia della ricapitalizzazione dell'istituto veneto. Il fondo si farà quindi carico della parte che non verrà sottoscritta dell'aumento di capitale da 1 miliardo a servizio dell'eventuale quotazione in Borsa. Sulla falsariga dell'intervento già avvenuto con Unicredit sulla Popolare di Vicenza che però in Piazza Affari non è mai arrivata.
Per Vicenza il fondo aveva sottoscritto interamente l'aumento da 1,5 miliardi - sempre a 10 centesimi - arrivando a detenere il 99,3% del capitale. A Montebelluna Atlante punterebbe invece ad avere almeno il 51% in modo da poter operare una profonda ristrutturazione della banca.
Con l'incognita di alcuni soci veneti, in particolare quelli raccolti nelle due associazioni di azionisti artefici del ribaltone del 5 maggio ai vertici della banca, che
inizialmente avevano mostrato disponibilità a sottoscrivere una quota dell'offerta di circa il 15%. Ma le regole di Borsa Italiana prevedono un flottante del 25%: se non fosse raggiunta la soglia minima, addio Piazza Affari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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