Fido ci parla, la scienza prova a tradurlo

Entro dieci anni potremmo chiacchierare con i nostri amici a quattro zampe

Fido ci parla, la scienza prova a tradurlo

«Bau-ba-bu,-ua-b-a-bb.-Bu-arf-auuu?». Tradotto dal «canese» all'umano (in versione italiana): «Cara padroncina, tu sei scema. Ma perché quando piove mi metti quella ridicola mantellina a scacchi?». Se potessimo tradurre il linguaggio di Chanel, il barboncino bianco per il quale la signora Samantha si getterebbe nel fuoco, probabilmente ne leggeremmo delle belle. È da anni che sui pet-siti e nelle chat riservate agli «amici dei cani» si dibatte il tema bestiale del possibile dialogo tra Chanel (in rappresentanza dell'intera razza canina) e la signora Samantha (in rappresentanza dell'intera razza umana). Di pseudo marchingegni che assicurano «una comprensibile forma lessicale all'abbaiare dei nostri amici a quattro zampe» il web è zeppo: ma si tratta, per lo più, di prodotti taroccati che rilanciano leggende metropolitane su «efficaci e perfetti traduttori del linguaggio animale». Questo almeno fino alla settimana scorsa. Ma di recente tutto è cambiato, tanto che l'autorevole pagina scientifica de «La Repubblica» ha dedicato all'argomento un'inchiesta da cui emergono «bauesche» novità. L'analisi inizia così: «Nel film Il Dr.Dolittle del 1998, diretto da Betty Thomas, il protagonista aveva il dono di poter parlare con gli animali. Ma entro 10 anni la finzione del cinema potrebbe diventare realtà e magari saremo in grado di comprendere il nostro cane grazie ai progressi dell'intelligenza artificiale nell' apprendimento automatico». Il merito della rivoluzionaria scoperta è del professor Con Slobodchikoff (nome che ricorda un cane da slitta siberiano) della Northern Arizona University, «impegnato da anni a raccogliere migliaia di video di cani che abbaiano, ringhiano e si muovono». Materiale prezioso che «servirà per insegnare a un algoritmo la comunicazione canina e riversarla in inglese, e poi nelle altre lingue del mondo. Un vero traduttore simultaneo». «Slobodchikoff, professore emerito di biologia e autore di Chasing Doctor Dolittle: Learning the Language of Animals - scrive l'esperta Maria Luisa Prete - è all'avanguardia nella comunicazione animale. Più di 30 anni di studio sui cani della prateria, roditori della famiglia delle marmotte e molto diffusi in Nord America, lo hanno convinto che esiste una forma sofisticata di comunicazione vocale che non è altro che un linguaggio». Il problemino è ora riuscire a renderlo comprensibile anche per noi, ammesso che ciò rappresenti una priorità per la specie umana.

Nell'attesa che la scienza faccia il salto qualitativo, su internet le offerte si sprecano, comprese quelle apparentemente fake che rimandano a «traduttori canini» giapponesi come il Bowlingual prodotto dalla fantomatica ditta Takara Tomy (costo, 150 euro) o rimandano ai tecno-gadget griffati Anicall «con app incorporata per decifrare l'umore del vostro amico fedele». Infine c'è il «no more woof», dotato di collare Wi-Fi capace di trasmettere un sms sullo smartphone del padrone. Obiettivo? Comunicare se il cane ha fame, sete, o deve uscire per fare i bisognini.

Il tutto elaborato da un'equipe di giovani ricercatori norvegesi. «I fondi raccolti con la vendita del rivoluzionario dispositivo serviranno - assicurano dalla Norvegia - a finanziare la ricerca. O la proliferazione delle «bufale»?

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