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La fine social dell'uomo che vuole morire divide la Francia dopo il "no" di Macron

Il presidente nega l'eutanasia a malato terminale: "Mi suiciderò in diretta"

La fine social dell'uomo che vuole morire divide la Francia dopo il "no" di Macron

Una malattia senza nome. Rara, ereditaria e per cui non esiste cura. Una legge sul fine vita, quella francese, che fissa paletti che la traiettoria di quel male non riesce ad attraversare. E un presidente della Repubblica che sceglie di non derogare alle norme, neppure quando il 20 luglio Emmanuel Macron riceve una lettera dal diretto interessato: pubblicata su Facebook, in Francia esplode il dibattito.

L'uomo è costretto a letto. Dipende interamente dalle macchine e chiede alla massima autorità «un fine vita dignitoso con assistenza medica»; un'alta dose di barbiturici, un sedativo per «addormentarsi» e alleviare la sofferenza di un corpo «paralizzato dal dolore». «L'aiuto attivo a morire non è permesso nel nostro Paese», tiene il punto Macron quando mercoledì Alain Cocq riceve l'attesa risposta dall'Eliseo: «Ho avuto la presidenza al telefono ed è un No». Così, dopo anni di battaglie contro la malattia, «non lotto più per me, ma per gli altri, quelli che seguiranno». Decide di suicidarsi in diretta Facebook. Oggi. Un'agonia che durerà «quattro o cinque giorni».

Aveva 23 anni, Cocq, quando scivolando giù da una scala si era semplicemente sbucciato il ginocchio. I medici notano che dalla ferita non scorreva una goccia di sangue. E l'allora ragazzo scopre d'essere affetto da un rarissimo male, a causa del quale le pareti delle sue arterie si uniscono, portando a ischemia o arresto della circolazione sanguigna. All'epoca, erano solo in tre a soffrire di questa patologia nel mondo. Le altre due persone sono morte.

Cocq, ormai 57enne, vuol mettere fine a un calvario fatto di 9 operazioni in 4 anni e scariche elettriche ogni due o tre secondi. E rilancia con la morte in diretta: «Il video sarà senz'audio, appena morirò verrà interrotto. Non sarà trash, ma solo una liberazione». Potrebbe però essere censurato da Facebook. La sua battaglia dura da quando, 23 anni fa, è stato dichiarato in fase terminale. Da Digione è partito fino al Consiglio d'Europa a Strasburgo su una sedia a rotelle per entrare alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Nel '94 ha fatto il giro di Francia, sempre sulla sua sedia, poi tre tour in Europa. E un viaggio di 2 mila km con i suoi due cani.

Ieri sera ha chiesto di avviare la cessazione di ogni alimentazione, idratazione e cura, salvo i calmanti: «Non ne posso più della sedia, ormai il solo alzarmi dal letto è un urlo continuo». Non vuole più essere una cavia per i medici che anni fa gli diedero «solo 15 giorni di vita». Nel tempo è diventato un attivista, membro del Partito socialista e dell'Associazione per il diritto di morire con dignità. L'anno scorso ha perfino partecipato a varie manifestazioni dei gilet gialli: «Una logica continuazione della mia lotta», ha spiegato a Liberation.

Ora, dopo cinque attacchi di cuore e sette ictus, ha detto basta: «Da due anni vengo alimentato come un'oca, con un tubo nello stomaco da sondino o da integratori alimentari - ha detto a Le Monde e France 2 - Guardo il soffitto come un idiota, questa non è più la mia vita». Macron però si è opposto al suicidio assistito: «Non sono al di sopra della legge - ha risposto nella sua lettera il presidente -. Ma con emozione, rispetto il suo approccio». In Francia la legge Claeys-Léonetti del 2016 sull'eutanasia, è valida in "agonia": «Sedazione continua fino alla morte" solo se la prognosi vitale è di brevissimo termine». Stando ai referti Alain non è in fine vita.

E a Cocq ora non resta che Facebook.

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