Il flop da 7 milioni e mezzo firmato da Franceschini sulla "Netflix della cultura"

L'ex ministro inventò la piattaforma Itsart che incassò appena 246mila euro

Il flop da 7 milioni e mezzo firmato da Franceschini sulla "Netflix della cultura"
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La sinistra ha collezionato sprechi e flop negli anni in cui ha avuto in mano il timone della Cultura italiana. Non c'è solo il caso del tax credit e dei contributi a pioggia elargiti per film mai realizzati. Non c'è solo il caso degli 863mila euro dati versati dallo Stato italiano nelle casse della società fittizia di Francis Kauffmann, alias Rexal Ford. Parliamo dell'americano, sospettato di aver assassinato Anastasia Trofimova e sua figlia lo scorso 7 giugno nel parco di Villa Pamphili. Uno scandalo denunciato anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Esiste, andando a scavare negli archivi del Collegio Romano, uno spreco di milioni di euro seppellito e silenziato dal grande circo di giornali, attori e intellettuali vicini al Pd.

Una storia opaca finita nel dimenticatoio. Un flop da 7 milioni e mezzo di euro firmato Dario Franceschini. Il quattro volte ministro della Cultura nel 2020 partorì la Netflix della Cultura, una creatura capace di generare un ammanco milionario per le casse dello Stato senza portare ad alcun risultato per il settore Cultura.

Di cosa parliamo: Itsart, una piattaforma che avrebbe dovuto realizzare e promuovere il patrimonio artistico culturale italiano in rete. Una società partecipata al 51% da Cassa depositi e prestiti (Cdp) e al 49% da Chili. La dotazione era, in partenza, di 30 milioni di euro totali. Subito, ne arrivarono 6,5 milioni di euro versati da Cdp, 10 dal ministero dei Beni culturali e altri 6 da Chili. Tanti soldi messi sul piatto che però hanno generato l'ennesimo carrozzone di consulenze e sprechi. Un'idea nata durante il governo Conte 2 nei mesi del lockdown. La missione doveva essere quella di far arrivare nelle case degli italiani le bellezze italiane. "Le potenzialità della rete sono straordinarie, Itsart è un modo nuovo di offrire la cultura italiana a tutte le persone che potranno da casa aggiungersi a quelle che continueranno ad andare a vedere gli spettacoli dal vivo. È palcoscenico virtuale che si aggiunge a quello reale per moltiplicare il pubblico, nella consapevolezza che la fruizione digitale non potrà mai sostituirsi a quella dal vivo" annunciava roboante Franceschini. Salvo poi essere smentito dai fatti.

I numeri sono impietosi: 141 mila utenti registrati per un totale di 246 mila euro di incassi. Cifre decisamente ridicole, considerate le spese: nel 2021 sono stati sborsati 7,5 milioni di euro, di cui 900 mila per il personale. Nei due anni una tormentata vicenda gestionale, con ben tre amministratori delegati. Poi il meccanismo che sarebbe stato prevedibilmente zavorrante: la fruizione non avveniva tramite abbonamento (meccanismo su cui, per esempio, si basa Netflix) ma acquistando ogni singolo prodotto, alcuni dei quali si trovano gratis in altre piattaforme. Dunque, la cattiva riuscita del progetto, certificata dall'avvio dell'iter per la chiusura. Nell'ottobre del 2022 l'allora ministro Gennaro Sangiuliano decide di archiviare il colossale flop. L'atto ufficiale della messa in liquidazione risale al 29 dicembre 2022.

Il bilancio era in rosso: meno 7,5 milioni di euro. Un fallimento di cui sembrano essersi perse le tracce. Nessuno chiede conto a Franceschini del flop. Chi paga? Nessuno. Tutti hanno dimenticato. Tranne gli italiani costretti a contribuire con le proprie tasse.

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