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Il flop del governo sui rimpatri dei tunisini

Sia Luciana Lamorgese che Luigi Di Maio hanno promesso un aumento dei rimpatri di migranti tunisini, ma i numeri li smentiscono: solo 116 le persone riportate indietro, incognite sui tempi e sui costi delle operazioni

Il flop del governo sui rimpatri dei tunisini

Lo ha promesso Luciana Lamorgese nelle ultime settimane, lo stesso discorso vale per il suo compagno di governo Luigi Di Maio appena pochi giorni fa: entrambi, dal Viminale e dalla Farnesina, hanno ribadito la velocizzazione dei rimpatri di migranti sbarcati dalla Tunisia.

Il ministro degli Esteri durante un comizio tenuto in Sicilia, ha voluto specificare come i tunisini non abbiano alcun diritto di restare qui e che il governo si è impegnato a rimpatriarli il prima possibile. In che modo però? Difficile a dirsi. È vero che con la Tunisia c'è un accordo risalente al 1998 e rivisto negli anni che prevede, nella sua versione definitiva, almeno due voli a settimana per riportare in patria i cittadini del Paese nordafricano presenti irregolarmente nel nostro territorio.

Ma spesso gli aerei che atterrano a Tunisi non sono ai massimi della loro capienza. E se questo valeva già per lo scorso anno, come ha denunciato il deputato tunisino Oussama Sghaier nel luglio 2019, vale a maggior ragione per questo periodo caratterizzato dal coronavirus. I voli verso la Tunisia con i migranti da rimpatriare a bordo sono ripresi, come sottolineato dal giornalista Fabio Amendolara su Panorama in un articolo ripreso su La Verità, soltanto a luglio. Da allora, come si legge nei dati riportati dal Viminale, sono stati riportati verso il Paese nordafricano un totale di 579 cittadini tunisini.

Una circostanza che dimostra come i ritmi previsti dai trattati al momento non bastano. E che rendono le promesse della Lamorgese molto più difficili da realizzare. Quest'ultima ha infatti parlato della possibilità di predisporre un programma volto a rimpatriare fino a 600 tunisini al mese. Al momento però gli obiettivi ambiziosi del Viminale appaiono delle autentiche chimere.

Due sono i problemi capaci di rendere difficoltosi i rimpatri. Il primo riguarda i costi: secondo l'agenzia europea Frontex riportare indietro un singolo migrante costa tra i 4.000 e i 6.000 Euro. Questo al netto delle spese per la scorta, gli agenti da impiegare e la sicurezza. Spese che per rimpatriare i tunisini si alzano notevolmente: per ogni cittadino del Paese nordafricano da rimandare indietro infatti occorrono due agenti. Un aereo con 90 posti, per intenderci, potrebbe portare in Tunisia 30 migranti con 60 sedili occupati dal personale di Polizia.

L'altro problema, il più importante, è che i tunisini continuano a sbarcare.

Il governo giallorosso, nonostante già ad aprile in Sicilia segnalavano sbarchi autonomi dal nord Africa, si è mosso con estremo ritardo. Soltanto ad agosto la Lamorgese e Di Maio hanno provato, con una visita lampo a Tunisi, a strappare un accordo per il controllo delle coste. La situazione da allora ha visto solo dei timidi miglioramenti. Gli approdi continuano e nonostante i tunisini non abbiano titolo per ottenere la protezione internazionale sarà sempre più difficile rimpatriarli.

Si dovrebbero quindi dissuadere le partenze dall'altra parte del Mediterraneo, prima ancora di parlare di rimpatri.

Per il momento però da Roma non si riesce a fare bene né l'una e né l'altra.

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