
Botte e violenze all'arrivo ad Ashdod, fascette strette ai polsi, inginocchiamenti al sole, privazione del sonno, viaggio al freddo con l'aria condizionata accesa. Poi, nel carcere di Ketziot, celle sovraffollate, acqua "rancida" da bere e perfino schegge di metallo nel pane.
Questo è il trattamento, secondo l'attivista barese Tony La Piccirella, che i militari israeliani avrebbero riservato ai membri della Global Sumud Flotilla fermati a inizio ottobre. Lo skipper ha messo tutto nero su bianco in diciassette pagine di esposto depositato ieri in procura a Roma tramite il suo legale, Flavio Rossi Albertini, che difende anche l'anarchico Alfredo Cospito.
L'attivista barese La Piccirella aveva già partecipato a una prima spedizione contro il blocco navale, a luglio: era a bordo della nave Handala della Freedom Flotilla.
Anche dopo quell'esperienza, finita quando l'imbarcazione era stata abbordata dai militari israeliani il 26 luglio, aveva scelto di denunciare l'accaduto, ipotizzando nell'esposto sempre depositato alla procura di Roma dal suo legale a fine settembre che Israele (che nega abusi e violenze) fosse responsabile di sequestro di persona aggravato. Ora, però, c'è una novità che il primo esposto non conteneva.
Perché la nuova denuncia di La Piccirella non si limita più a descrivere i maltrattamenti che avrebbe subito dopo l'abbordaggio da parte delle forze israeliane: l'attivista barese, stavolta, chiede ai magistrati capitolini anche di accertare "eventuali responsabilità del governo italiano". Che potrebbe, ipotizza, essersi "sottratto all'obbligo giuridico di proteggere i propri cittadini".
Una teoria cara alla sinistra che, già nelle scorse settimane, aveva messo nel mirino l'esecutivo, indicando Meloni, Crosetto e Tajani "corresponsabili del genocidio" in una denuncia presentata alla Corte penale internazionale. Mentre, parallelamente, una pioggia di denunce in procura ipotizzava la stessa "omissione" indicata nell'esposto di La Piccirella, ossia la mancata tutela degli italiani, realizzata plasticamente dal dietro-front della fregata "Alpino" della nostra Marina.
Insomma, essere l'unico Paese che ha mandato una nave a scortare la Flotilla nel Mediterraneo come deterrente per i droni israeliani che a settembre avevano "attenzionato" la spedizione già poco dopo la partenza diventa paradossalmente per l'Italia e per il suo governo un punto di demerito, oltre che la chiave per accusare Palazzo Chigi di complicità con quanto accaduto quando il blocco navale israeliano ha intercettato le imbarcazioni della Gsf.
Eppure il ministro dela Difesa Crosetto lo aveva chiarito subito: la presenza della nave non era "in funzione di scorta", ma aveva lo scopo di fare da dissuasore contro azioni violente, e in nessun caso la Alpino avrebbe accompagnato le imbarcazioni nel tentativo di forzare il blocco israeliano intorno a Gaza.
Sembra quindi paradossale che a luglio l'attivista barese, pur avendo vissuto la stessa spiacevole esperienza, dall'abbordaggio al rimpatrio, non avesse individuato "colpe" per l'Italia e per il suo governo, limitandosi a rivendicare l'illegittimità dell'abbordaggio israeliano, in quanto avvenuto in acque internazionali.
E alla presidente del Consiglio Griogia Meloni, che per garantire la sicurezza della Gsf aveva suggerito di proseguire con metodi alternativi nella distribuzione degli aiuti piuttosto che insistere nel forzare il blocco, lo skipper aveva replicato così: "Non riteniamo queste alternative valide e rimaniamo sulla nostra rotta verso Gaza".
Proposta del governo rispedita al mittente. Salvo, ora, chiamare in causa proprio Palazzo Chigi. Sulla falsariga di quanto già fatto, tra gli altri, dai leader di Rifondazione e Sinistra italiana, per motivi più politici che giudiziari.