Flotilla, la strada del rimpatrio veloce

Gli attivisti italiani fermati non vogliono ammettere di aver violato le acque israeliane

Flotilla, la strada del rimpatrio veloce
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Accelerare il più possibile le procedure di espulsione degli italiani. L'obiettivo del nostro ministero degli Esteri viene perseguito tenendo aperto con la massima prudenza, ed evitando polemiche, il canale diplomatico con Israele per accorciare i tempi del rientro dei nostri connazionali, portati nel carcere di Ktziot dopo l'abbordaggio della Flotilla e lo sbarco nel porto di Ashdodd. "Facciamoli tornare, poi vedremo tutto il resto", ha detto il ministro Tajani. Le procedure di espulsione sarebbero rallentate per lo Yom Kippur, per cui il Paese si è fermato per oltre 24 ore. Gli unici rientrati immediatamente con un volo di linea sono i quattro parlamentari italiani, perché protetti dall'immunità, Marco Croatti, Annalisa Corrado, Arturo Scotto e Benedetta Scuderi.

La ong Adalah, che fornisce l'assistenza legale agli attivisti, denuncia che "gli avvocati hanno aspettato per 9 ore fuori dal porto e non sono stati informati quando le autorità israeliane hanno iniziato a trattare i casi. Diversi attivisti hanno riferito di essere stati oggetto di aggressioni, minacce e molestie. Oltre a essere stati privati dell'accesso ad acqua, servizi igienici e farmaci, sono stati costretti a inginocchiarsi con le mani legate per almeno cinque ore, dopo che alcuni di loro avevano intonato slogan per la liberazione della Palestina". La polizia israeliana ha fatto sapere che gli equipaggi sono stati sottoposti a un "approfondito processo di ispezione", e consegnati all'Autorità per l'immigrazione e al Servizio carcerario per ulteriori accertamenti. "Stanno tutti bene", ha rassicurato l'ambasciatore di Italia in Israele, Luca Ferrari. Il rimpatrio dovrebbe avvenire attraverso due strade, l'espulsione volontaria immediata o il rimpatrio forzato. La prima è più rapida, ma presuppone che gli attivisti firmino un documento in cui ammettono di aver violato le acque israeliane. Ma secondo quanto riferito dall'ambasciatore Ferrari, non tutti "sembrano intenzionati a farlo". L'espulsione coatta potrebbe richiedere qualche giorno in più, perché saranno sottoposti a un processo, sebbene in teoria rapido. Per loro scatterebbe solo il divieto di ingresso in Israele in futuro, così come per i pochi attivisti che avevano già partecipato alla prima Flotilla, tra cui Greta Thunberg. Ma la cautela è massima, dopo le parole del ministro della sicurezza nazionale, l'estremista messianico Ben Gvir, che ha definito gli attivisti "terroristi", auspicando per loro qualche mese di carcere. "Ci sono serie preoccupazioni che gli attivisti possano essere trattati in modo più duro", aggiunge l'ong Adalah. Non rassicurano le parole dell'ambasciatore d'Israele in Italia, Jonathan PeledIeri: "Presentata come missione umanitaria, si è rivelata una provocazione politica deliberata, orchestrata con l'obiettivo di minare la legittimità di Israele e di favorire la propaganda di gruppi estremisti".

L'ambasciatore Ferrari ha spiegato però che "gli israeliani cercano di essere più celeri possibili per le espulsioni". Che si spera possano avvenire il 6 o il 7 ottobre. Non ci sarebbero ancora notizie del documentarista brasiliano Miguel Viveiros de Castro che si trovava sul veliero Catalina.

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