«Il Consiglio europeo non modifichi il Recovery Plan. I mercati reagirebbero in maniera negativa e l'economia europea ne subirebbe danni gravi. Inaccettabile ogni marcia indietro». Antonio Tajani lancia l'allarme sul rischio che il piano di aiuti resti ostaggio dei «Paesi frugali» dell'Unione. E da parte di Forza Italia si inizia a paventare uno spettro: la possibilità di dire no ai soldi del Mes e ritrovarsi con un «fondo di recupero» a scartamento ridotto.
«Mentre sul Recovery Fund si registra l'ennesima fumata nera», dice Mariastella Gelmini «Conte continua imperterrito a non esprimersi sull'utilizzo del Mes. Il premier ha l'annoso problema di tenere insieme i cocci della sua maggioranza, Pd e Iv favorevoli, M5S contrario. Nel frattempo il presidente del Consiglio, dopo le parole della Merkel - i fondi Ue del Recovery Fund non arriveranno prima del 2021 - dovrà rivedere la sua immaginifica agenda. Aveva annunciato per settembre un piano Recovery Italia ma se non riuscirà a portare a casa qualche euro nel 2020, si tratterà dell'ennesima promessa non mantenuta». Sullo stesso tema va all'attacco Anna Maria Bernini. «Temporeggiare sul Mes indebolisce la posizione negoziale italiana nei confronti dei Paesi che si oppongono agli aiuti a fondo perduto e vogliono diminuire drasticamente l'entità del fondo. Bisogna dire subito sì al Mes e presentare al più presto un credibile piano di utilizzo dei fondi europei, indicando anche un preciso percorso di rientro dall'indebitamento aggiuntivo. Se non prendiamo i soldi disponibili subito, come si può pretendere che ci vengano anticipati i fondi del 2021? Ma dalla residenza estiva di Villa Pamphilj arrivano solo cartoline che rinviano tutto a settembre. Quando sarà troppo tardi».
Chi si dice fiducioso sulla moral suasion esercitata da Angela Merkel sui partner europei è Renato Brunetta: «Avendo già annunciato il ritiro dalla politica, c'è da credere che stia pensando di finire sui libri di storia come la degna erede di Helmut Kohl, realizzando un altro pilastro dell'Unione: quello della solidarietà tra Paesi membri». Brunetta invita a una lettura diversa delle condizionalità europee: «Le condizionalità devono essere viste come una grande occasione. Un'occasione per fare finalmente il salto di qualità nella nostra politica economica e sociale e non disperdere le risorse». Infine nel giorno in cui il Centro Studi di Confindustria liquida come «lenta e frammentata» la risposta del governo alla crisi, Marco Marin lancia il suo affondo. «La fotografia è tanto impietosa quando veritiera. Le misure del governo, figlie di un Dna statalista e assistenzialista, invece di facilitare la vita alle aziende italiane, l'hanno resa più complicata.
A questo si aggiunge un sovraccarico di burocrazia che non viene eliminato, ma appesantito. Purtroppo M5S continua a considerare gli imprenditori come prenditori. Di fronte a questa cultura economica di retroguardia il quadro per imprese e lavoratori è per usare un eufemismo desolante».
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