
"Ho la sensazione che la morte non sia la cosa peggiore che ti può capitare nella vita, la peggiore è quello che ti muore dentro mentre sei ancora vivo". Era così, come le sue parole, schietto, semplice e sofferente Maurizio Rebuzzini, 74 anni, fotografo e intellettuale e critico del settore, ex docente di storia della fotografia nell'ambito della facoltà di lettere e filosofia dell'università Cattolica di Brescia e direttore del mensile "FOTOgraphia", figura conosciuta e apprezzata nell'ambiente professionale italiano. È morto mercoledì sera al Fatebenefratelli e adesso gli investigatori della Squadra mobile, guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia e dal pm Stefano Ammendola, indagano per omicidio volontario, convinti che il 74enne sia stato strangolato dopo che i medici in ospedale hanno notato sul collo del povero Rebuzzini dei segni compatibili con uno strangolamento.
A trovarlo già in fin di vita - sul ballatoio del suo studio al piano terra del condominio di via Zuretti 2/A, poco lontano dalla stazione Centrale - è stato uno dei suoi due figli che risiede in un appartamento a due passi da quello del padre, anche lui fotografo e piuttosto noto sui social con uno pseudonimo. Il figlio ha raccontato alla polizia di aver rinvenuto il genitore già agonizzante sul ballatoio dello studio, dove in seguito la questura ha repertato anche delle macchie di sangue. La corsa in ospedale in ambulanza purtroppo si è rivelata inutile, il fotografo è spirato poco dopo il suo arrivo al pronto soccorso.
Maurizio Rebuzzini lavorava come fotografo nel condominio dove è stato ucciso e abitava nella stessa via, qualche civico più avanti. Conduceva un'esistenza piuttosto metodica, tutte le mattine prendeva il caffè in un bar non lontano da casa che talvolta utilizzava anche come punto d'incontro con degli amici per parlare di fotografia, la vera grande passione della sua vita. Una passione che fino a una decina di anni fa gli era valsa dei riconoscimenti in ambito nazionale e che lo portava in giro per convegni e presentazioni durante i quali i suoi interventi riscuotevano successo.
La vita privata del resto non gli aveva riservato grandi gioie. Dopo la morte dell'adorata moglie, avvenuta molti anni fa, il fotografo aveva dovuto prendersi cura da solo dei figli. E svolgendo questo compito era stato costretto anche ad affrontare situazioni particolarmente delicate e complesse, visto che entrambi i suoi ragazzi hanno sofferto e soffrono di problemi di natura psichiatrica che hanno comportato anche ricoveri e Tso.
Il mondo della fotografia milanese, affranto per l'improvvisa e violenta scomparsa di Maurizio Rebuzzini, come possiamo leggere anche sui social, si unisce al dolore dei suoi figli, ma racconta anche di una vita sofferta che almeno in un'occasione aveva costretto il 74enne a ricorrere persino al pronto soccorso al termine di un animato confronto con uno dei suoi ragazzi.Adesso si attende il risultato dell'autopsia che sarà determinante per gli approfondimenti investigativi. La polizia fa sapere di ritenere al momento "prematura" qualsiasi conclusione.