Immaginate un Nobel senza Nobel. Ipotizzate un premio Strega in cui si brindi al vincitore con un vermouth. Poi pensate al Bocuse d'Or, quello che è considerato il campionato del mondo della cucina, e quindi, con una lieve rotazione mentale, memorizzate il concetto che il ristorante omonimo, quello che porta il nome di uno dei guru della grande gastronomia francese e mondiale del Novecento, non è più il top. Una specie di controsenso.
Eppure per i curatori della Guida Michelin, coloro che disegnano i destini dei cuochi di mezzo mondo, non c'è blasone che tenga. Il ristorante Paul Bocuse, a Collonges au-Mont-d'Or, dalle parti di Lione, capitale francese del bien manger, nell'edizione francese 2020 che sarà presentata tra pochi giorni non avrà più tre stelle, bensì appena due. Che perdinci, è pur sempre una notevolissima valutazione che il novantanovevirgolanove per cento degli spadellatori del mondo si sogna, ma comunque troppo poco quando si parla di un locale che reca il nome più glorioso che un luogo con tovaglie e forchette possa pretendere di avere. Nome e basta, visto che il titolare e inventore, Paul Bocuse, è morto quasi esattamente due anni fa all'età di 91 anni, risparmiandosi quella che lui avrebbe vissuto come un'onta se non fosse che - lui in vita - nessuno della guida rossa si sarebbe probabilmente azzardato a recargli tale oltraggio.
«La qualità del locale rimane eccellente ma non più a livello di tre stelle», fanno sapere da Parigi i curatori della guida rossa, che pure garantiscono di avere fatto di tutto per scongiurare il declassamento Nel 2019 il locale è stato visitato da diversi ispettori più volte, e quando sono emersi i primi dubbi sul mantenimento della terza stella altre visite sono seguite. Ma alla fine anche la titolare della guida, Gwendal Poullennec, si è dovuta arrendere obliterando la retrocessione. Lo stile almeno è stato rispettato e la Poullennec si è recata di persona nel ristorante lionese a dare la notizia. «Dobbiamo essere onesti con i clienti, la guida Michelin è stata creata per coloro che vanno al ristorante», ha spiegato Elizabeth Boucher-Anselin, direttrice della comunicazione per le attività gastronomiche e turistiche della Michelin.
Per capire quale choc sia una simile decisione nel paludatissimo mondo della haute cuisine francese, bisogna spiegare per chi non lo sapesse chi è Paul Bocuse. E usiamo volutamente il presente perché quando si parla di geni il passato non è invitato a tavola. Nato nel 1926 da una famiglia di ristoratori, prese in mano l'Auberge du Pont di Collonges e lo portò a spasso nel paradiso dei gourmet. Nel 1961 la prima stella, nel 1965 la terza, mai mollata fino a ieri, 55 anni dopo. In mezzo la Legion d'Onore, il titolo informale di Papa della gastronomia e quello attribuitogli dai gastronomi Gault&Millau di cuoco più influente del XX secolo. Ma il riconoscimento più pop è quello di avere ispirato il personaggio di Auguste Gusteau nel film «Ratatouille», alla cui fattura collaborò. La sua cucina, talvolta erroneamente accostata alla «nouvelle cuisine» del cui slancio innovativo era priva, era potentemente tradizionale, classica, contegnosa, densa di storia e di narrazione.
I suoi piatti più rappresentativi la zuppa intitolata all'allora presidente francese Valéry Giscard d'Estaing in occasione del conferimento da parte di questi della Legion d'Honneur a Bocuse, e il Pollo di Bresse cotto in vescica. Piatti non rivoluzionari ma semplicemente imbattibili per bontà. Quella che ora sembra essere un po' meno buona.
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