Francia, gollisti con Le Pen. Così nasce il centrodestra

Il leader dei Républicains Ciotti annuncia la storica alleanza con Rn. I big del partito divisi: "Si dimetta"

Francia, gollisti con Le Pen. Così nasce il centrodestra
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C'è chi invoca il «cordone sanitario», come fosse una malattia. Chi lavora a un Fronte popolare, come in una guerra di liberazione. E c'è il vecchio mondo neogollista che insorge, spaesato dalle indicazioni degli elettori e soprattutto dalla decisione a sorpresa, annunciata ieri dal presidente dei Républicains, Éric Ciotti, di far cadere il tabù di un'alleanza tra la destra erede di De Gaulle e quella nata dalle ceneri del Front National di Jean-Marie Le Pen.

L'improvviso scioglimento dell'Assemblea nazionale deciso da Macron dopo le elezioni europee ha provocato un Big Bang nel sistema francese; storicamente pronto a isolare i candidati lepenisti al secondo turno di ogni elezione che lo preveda. Ma quando Ciotti ieri si è presentato in tv a dire «abbiamo bisogno di un'alleanza con il Rassemblement national», è caduto un muro. Auspica che la sua famiglia politica lo segua. Perché, spiega, a sinistra si sta formando un «fronte della vergogna» in grado di arrivare al 30% mettendo insieme il meglio di 4 partiti socialisti, comunisti, verdi e France Insoumise di Mélenchon. È stato subissato dagli improperi dei grandi vecchi. Mentre molti militanti sostengono il grande passo.

I rappresentanti della destra al Senato bocciano la sua linea all'unanimità; gli ex del partito che fu di Sarkozy lo bacchettano dal pulpito di governo, e cioè da poltrone ottenute scaricando la famiglia neogollista per approdare nella Macronie. È il caso di Gérald Darmanin, ministro dell'Interno, durissimo: «Disonora la famiglia gollista firmando gli accordi di Monaco». Il riferimento è al Patto «pacifista» che regalò a Hitler mezza Europa. Il ministro della Giustizia Dupont-Moretti (da sempre in guerra mediatica con Marine Le Pen) bolla con «disonore» Ciotti: «Offre il partito del generale de Gaulle a Le Pen su un piatto d'argento, ora la vergogna ha un nome». Insomma, per gli ex è un'operazione paragonabile alla resa della democrazia al nazifascismo. Invece Le Pen elogia il coraggio del patron dei Républicains, che taglia corto: «Diciamo le stesse cose, quindi smettiamola di inventare opposizioni immaginarie». Poi la bordata definitiva al sistema: «Il Rassemblement national è parte dell'arco repubblicano», decreta in favore di camera spuntando l'arma da campagna elettorale usata da macroniani e sinistra per fermare i lepenisti, considerandoli corpi estranei anche quando eletti.

L'operazione getta nel caos il partito ma soprattutto gli avversari della destra, perché il patto di desistenza nelle circoscrizioni tra Républicains e Rn potrebbe far cadere la barriera e consegnar loro una maggioranza. Malgrado i negoziati del giorno prima, salta invece l'intesa tra Rn e Reconquête, il cartello conservatore di Zemmour e Marion Maréchal-Le Pen, l'altra destra. Si era pensato a un modello italiano. Ma è prematuro. Macron si affida al Figaro per spiegare che le elezioni anticipate sono «la decisione giusta nell'interesse del Paese». Esclude le dimissioni «qualunque sia il risultato».

Il rischio impasse è dietro l'angolo, ma Ciotti moltiplica le apparizioni in tv vantando il sostegno della base, i messaggi ricevuti e rispedendo al mittente gli inviti alle dimissioni: «La voce dei repubblicani è troppo debole, meglio un'alleanza per raddrizzare il Paese, e in aula i nostri deputati manterranno il simbolo LR».

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