Francia pronta a tutto per scongiurare nuove chiusure. Il governo valuta perfino la possibilità di ridurre la durata della quarantena: da 14 a 5 giorni. Dobbiamo essere pragmatici, è il leit motiv di Emmanuel Macron. Ma i dati ne fanno uno dei Paesi più colpiti dalla seconda ondata con 58 nuovi cluster in un giorno, un totale di 528 focolai (214 in case di cura per anziani, che tornano a far paura) e 7.071 nuovi casi di Covid-19 scovati nelle ultime 24 ore; venerdì, il record di 8.975 nuovi positivi dal lancio di test su larga scala (quasi un milione a settimana).
Ieri la nuova doccia fredda, il passaggio in «zona di circolazione attiva del virus» (Zca), cioè zone rosse, di altri 7 dipartimenti. In totale sono 28 i pezzi di Francia in cui i prefetti hanno ora «poteri rafforzati» per divieti e chiusure, seguendo i «dati epidemiologici locali». Sei sono nella Francia continentale: Nord e Basso Reno, Senna Marittima, Côte-d'Or (cioè 4 dipartimenti con grandi agglomerati urbani, lE città di Lille, Rouen, Le Havre, Strasburgo, Digione), poi i due dipartimenti della Corsica (Corse-du-Sud e Haute-Corse) a cui si aggiunge la Réunion.
Restano «rosse» Parigi e Bouches-du-Rhône, prime a essere classificate come zone a rischio, il 14 agosto, quando scattò l'obbligo di mascherina anche all'aperto e il Belgio decise di sconsigliare i propri cittadini di raggiungere la capitale francese. Il 27, il premier Jean Castex svelò che il virus si stava muovendo, piazzando 19 dipartimenti in rosso (21 se si considerano i microterritori d'oltremare Saint-Martin e Saint-Barthélemy). Ora siamo vicini al 10% delle province.
Ciononostante, l'isolamento domiciliare per chi è entra in contatto con un positivo potrebbe scendere a 5 giorni. Il ministro della Salute Olivier Véran ha chiesto alle autorità scientifiche di «ridurre il periodo di quarantena», ritenendola «troppo lunga» per essere rispettata. Una scommessa rischiosa che divide gli esperti: «Non è prudente, avremmo abbassato la guardia quando la circolazione virale tornerà molto attiva», stima William Dab, ex capo dell'Istituto di sanità.
Preoccupa Parigi: perché nonostante la mascherina generalizzata la capitale propone eventi culturali degni dell'invito presidenziale a ritrovare la «gioia di vivere». Rianimati teatri, cinema e musei. «Il faut aller au théâtre, vous ne risquez rien, il faut aller au cinema», diceva il premier Jean Castex il 26 agosto, quando la mascherina era obbligatoria nei cinema finché non ci si sedeva al posto. Ormai si deve indossare dall'acquisto del biglietto all'uscita. Solo un'eccezione, riassunta dalla ministra della Cultura Roselyne Bachelot: è possibile toglierla per «mangiare i popcorn».
Il passaggio di un'area in zona rossa riporta il divieto di eventi con oltre 5mila persone. «Nessuna deroga», annuncia la prefettura di Lille. Ristoranti, bar e negozi di alimentari nelle zone rosse chiuderanno da mezzanotte e 30 alle 6 per 15 giorni. C'è poi l'incognita scuola: «Il ritorno in classe è andato bene - assicura il ministro Jean-Michel Blanquer - pochissimi bambini mancano all'appello, pochi gli insegnanti non al loro posto. Il virus non deve vincere, siamo noi che dobbiamo vincere». Chiusure poche rispetto alle 60mila scuole riaperte martedì.
Ma la paura di lockdown localizzati cresce.
Come lo spettro di un blackout sui trasporti, con aziende in bolletta come quella che gestisce il traffico su rotaia nella regione di Parigi, l'Ile-de-France Mobilités (Idfm), a inizio luglio già insolvente. Non ha liquidi per pagare Sncf e Ratp, le società che fanno funzionare treni, Rer, autobus e metro. Le perdite, stimate in 2,6 miliardi nel 2020, saranno coperte da aiuto statale.
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