Furbetti, massoni e picchiatori L'esercito M5s parte azzoppato

Una quindicina di probabili eletti sono già stati espulsi Il leader minaccia di querelarli se non si dimetteranno

La media degli ultimi sondaggi elettorali, pubblicati fino a venerdì scorso, accreditava il Movimento 5 Stelle di almeno 155 seggi alla Camera e di un'ottantina al Senato. Numeri «virtuali» ai quali bisognerebbe sottrarre la quindicina di nominativi finiti nel tritacarne mediatico per lo scandalo dei mancati versamenti al Fondo per il microcredito, per l'appartenenza a logge massoniche e per presunte violenze tra le mura domestiche e in strada, come nel caso di Dessì. Tenuto conto della rigidità (in alcuni casi «a targhe alterne») dei grillini, se ne deduce che la truppa dei futuri parlamentari partirà con significative defezioni che, salvo una non improbabile vittoria del centrodestra, potrebbero tornare utili per costituire una maggioranza di larghe intese. Proprio quello che, almeno a parole, M5s vorrebbe evitare.

«Abbiamo molta fiducia che il presidente della Corte d'Appello possa non convalidare la proclamazione», ha dichiarato ieri il candidato premier pentastellato, Luigi Di Maio, alla Stampa riferendosi ai mancati rimborsi e aggiungendo che «vorremmo procedere per danno d'immagine anche verso di loro ma se rinunciano alla proclamazione, la chiudiamo qui». Si fa presto a parlare, a minacciare denunce: la verità è un'altra. I «furbetti» del bonifico dai deputati Della Valle, Benedetti, Cariello e Cozzolino a ai senatori Buccarella, Bulgarelli e Martelli. Ripescati, per ora, la senatrice Lezzi e i deputati Scagliusi e Dieni, mentre Giulia Sarti è ancora sub iudice causa denuncia per appropriazione indebita all'ex partner.

Storie tristi di bonifici inviati e poi annullati, di ricevute taroccate con Photoshop, ma quel che più conta è che l'espulsione non pregiudica la possibilità di essere eletti e di mettersi al riparo sotto l'insegna di «responsabili». Ecco perché Roberto Fico, presidente della Vigilanza Rai ed esponente di punta, ha tirato fuori dal vecchio armamentario grillino l'ipotesi del complotto. «Ci hanno truffato, non potevamo sapere», ha dichiarato a Repubblica sottolineando che «la fonte delle Iene ha fatto in modo che questa storia uscisse a liste depositate proprio per metterci in difficoltà».

Una situazione analoga anche quella degli espulsi causa iscrizione a loggia massonica, affiliazione vietata dal codex pentastellato. I primi tre casi sono stati quelli di Catello Vitiello (candidato alla Camera nel collegio uninominale Campania 3), Piero Landi (collegio uninominale della Camera a Lucca) e Bruno Azzerboni (collegio uninominale della Camera a Reggio Calabria). Poi è spuntato anche il ferrarese David Zanforlini, candidato nell'uninominale di Ravenna. Zanforlini ha precisato di non essere attualmente iscritto (potrebbe essere un fratello in sonno) e di non voler fare un passo indietro anche se è stato espulso come gli altri. «Se anche io fossi un transessuale di nome Elisabetta che batte in via Stalingrado, non ti devi permettere di chiedermi niente», ha dichiarato al Corriere apostrofando i grillini con i quali è candidato come «gente violenta, vogliono impadronirsi delle nostre vite». Insomma, una bella dichiarazione di fiducia nei confronti di un movimento del quale si porta la bandiera, almeno sulla scheda.

Tutte storie che evidenziano come il Movimento non sia stato in grado di effettuare i controlli ex ante sui candidati ed ex post sui bonifici.

Anche ai frammassoni Di Maio ha minacciato denuncia per danno d'immagine.

Chissà cosa dirà al povero capitano De Falco accusato dalla moglie di aver compiuto un gesto violenza. Tiriamo a indovinare: «Salti fuori, c....».

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