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"Garanzia d'inclusione" al posto del reddito 5s. Sostegni per il lavoro e truffatori in galera

La bozza della riforma: aiuti a 709mila famiglie per 5,3 miliardi. Fino a 6 anni per chi falsifica i documenti.

"Garanzia d'inclusione" al posto del reddito 5s. Sostegni per il lavoro e truffatori in galera

Il reddito di cittadinanza grillino è al capolinea. Verrà rimpiazzato da Garanzia per l'inclusione, Prestazione di accompagnamento al lavoro e Garanzia per l'attivazione al lavoro. Tre misure affiancate da una mannaia per i furbetti del reddito, con pene fino a 6 anni, e corposi incentivi per chi assume a tempo indeterminato, ma anche a tempo determinato e stagionalmente. E c'è un premio per chi, da percettore del sussidio, si lancia in un'attività imprenditoriale. Questo prevede la bozza di riforma del reddito di cittadinanza a cui sta lavorando il ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone, e che sbarcherà in Consiglio dei ministri nelle prossime settimane. Il decreto è attualmente oggetto di confronto con Palazzo Chigi (quindi passibile di ritocchi).

La nuova misura non si chiamerà più Mia (come era stato ipotizzato), ma avrà come architrave principale la Gil che costerà 5,3 miliardi. La Garanzia per l'inclusione ha un bacino stimato di 700mila famiglie. Si rivolge a quei nuclei che abbiano almeno un disabile, un minore, un soggetto con almeno 60 anni o una persona invalida civile ed entrerà in vigore a gennaio 2024. Tra i vincoli, l'essere residente in Italia da almeno 5 anni, un Isee non superiore a 7.200 euro e un reddito fino a 6.000 euro. L'assegno varrà in questo caso 6mila euro all'anno, vale a dire 500 euro al mese. Tuttavia, l'importo può essere aggiornato a una scala di equivalenza sulla base della composizione del nucleo familiare ed è integrato fino a 3.360 euro (280 euro al mese) dal contributo per l'affitto. Il sostegno è erogato per 18 mesi. Dopo un mese di stop riparte per un altro anno. I percettori di Gil occupabili sono inseriti in un percorso di avviamento al lavoro e perdono il sussidio se non accettano un contratto, ma questo deve essere almeno al minimo sindacale, superiore a 30 giorni e per il tempo parziale un orario superiore al 60% del tempo pieno.

Per chi sta percependo il reddito di cittadinanza, allo scadere dei sette mesi previsti per quest'anno, da settembre se ha sottoscritto un patto per il lavoro potrà accedere alla Prestazione di accompagnamento al lavoro (interesserà 154mila famiglie): vale 350 euro al mese, fino a fine anno.

Per chi è fuori dai requisiti della Gil e ha tra i 18 e i 59 anni con Isee non superiore a 6mila euro, invece, ci sarà la Garanzia per l'attivazione lavorativa: un assegno da 350 euro al mese, con un'aggiunta possibile di 175 euro per un secondo componente del nucleo familiare e interesserà 420 mila nuclei. Varrà per un solo anno.

La bozza prevede incentivi per chi assume con contratto a tempo indeterminato un percettore del beneficio, con uno sgravio contributivo al 100% per due anni, fino a un massimo di 8mila euro l'anno. Se il contratto è a termine o stagionale lo sconto sui contributi è del 50%, con un tetto di 4 mila euro l'anno. E se un percettore decide di mettersi in proprio entro i primi 12 mesi di fruizione del reddito, aprendo una nuova attività, allora avrà diritto a 3mila euro di sostegno. Incentivi anche per chi assume i Neet, i giovani under 30 che non studiano e non lavorano: ci sarà uno sgravio contributivo del 60% per assunzioni tra giugno e dicembre 2023.

A chiusura del cerchio, la lotta dura ai furbetti: sanzioni penali da 1 a 3 anni per chi non comunica variazioni di reddito e patrimonio all'Inps, anche se derivano da lavoro nero. Reclusione da 2 a 6 anni per chi presenta documenti contraffatti o informazioni false per ottenere il sussidio. Meno rigide, infine, le causali per chi opta per contratti a termine, con stipula libera fino a un anno e semplificazioni fino a 2 anni.

«Non è questa la strada giusta», è il commento di Daniela Barbaresi, segretaria confederale Cgil, «sottende a un'idea di fondo di povertà come colpa del singolo anziché un problema collettivo da affrontare con la presa in carico complessiva per contrastare e prevenire disagio, povertà e rischio di esclusione».

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