"Non c'è un piano B per Gaza". La pace promossa da Donald Trump è in sostanza l'unica strada. I cadaveri degli ostaggi ancora nella Striscia "saranno rilasciati" per chiudere la prima fase. Ma ci almeno due imperativi che riguarderanno il secondo step dell'accordo per il cessate il fuoco. Il primo: "Hamas deve disarmare". Il secondo: "Non potrà essere coinvolta nel futuro governo di Gaza". Si punta a un'Anp riformata, "che non è un'organizzazione terroristica come Hamas". Ecco i paletti fissati dal segretario di Stato Marco Rubio, al suo secondo giorno in Israele, per quella che definisce "una missione storica" mentre parla dal nuovo Centro di coordinamento civile-militare (Ccmc) di Kiryat Gat, 70 km a sud-ovest di Gerusalemme, attraverso cui gli Stati Uniti monitoreranno il rispetto del cessate il fuoco tramite l'ambasciatore Usa in Yemen, Steven Fagin.
La visita di Rubio è il culmine di una settimana in cui gli uomini dell'amministrazione americana si sono avvicendati in Israele per fare in modo che il cessate il fuoco regga e per premere perché si arrivi alla seconda fase dell'accordo di pace e si costruisca un futuro senza conflitti, che passerà per l'estensione degli Accordi di Abramo, a condizione che Israele rinunci all'idea di annettere la Cisgiordania, perché l'ipotesi, ribadisce Rubio, "minaccerebbe l'intero processo a Gaza". Sugli Abraham Accords "altri Paesi sono pronti a normalizzare le relazioni con Israele", dice il capo della diplomazia americana, spiegando che "la decisione dipenderà da un accordo regionale più ampio". Ma questo dipenderà a sua volta dalla fine duratura della guerra nella Striscia: "Incoraggerebbe molti Paesi ad aderire agli accordi di Abramo", insiste Rubio, che spiega di essere al lavoro per arrivare all'obiettivo, dopo che gli Emirati, il Bahrein e il Marocco hanno normalizzato i loro rapporti con Israele dal 2020. Hamas sostiene intanto di essersi accordata con le fazioni palestinesi perché un comitato di tecnocrati amministri Gaza nel dopoguerra.
Nella Striscia, intanto, "la situazione rimane catastrofica" secondo l'Oms, l'Organizzazione Mondiale della Sanità: "La fame è ancora presente perché non c'è abbastanza cibo", riferisce l'organismo Onu. Il valico di Rafah è ancora chiuso e questo impedisce l'ingresso di centinaia di camion previsti ogni giorno dall'intesa per aiutare i civili palestinesi. L'Oms denuncia anche la necessità che lascino la Striscia circa 15mila persone gravemente malate e in attesa di cure urgenti.
Dalla Turchia, il presidente Erdogan smentisce il segretario di Stato americano Rubio, che aveva sottolineato come "Israele stia rispettando i suoi impegni". Il leader di Ankara sostiene che Tel Aviv "continui a violare l'accordo" e chiede, come Hamas, che gli Stati Uniti facciano più pressione per far sì che Israele lo rispetti, "anche ricorrendo a possibili sanzioni o sospendendo le vendite di armi". Quanto alla ricostruzione: "Non sarà un compito semplice", ma la Turchia è pronta a fare la sua parte, così come per la Forza di stabilizzazione internazionale per Gaza, nonostante Israele non voglia in alcun modo il coinvolgimento delle truppe di Turchia e Qatar e abbia invece aperto a Italia e Germania.
A proposito di una Striscia distrutta (83% degli edifici colpiti o rasi al suolo), sono 61 milioni le
tonnellate di macerie da rimuovere, un peso equivalente a 170 volte quello dell'Empire State Building di New York. I dati sono del programma satellitare Unosat e provano che serviranno anni e capitali per un futuro di normale.