Cambiano forse i toni, meno ruvidi di quelli di Matteo Renzi. Ma non cambia la sostanza: il governo di Paolo Gentiloni, come quello del suo predecessore, non ha alcuna intenzione di archiviare la sfida all'Europa «a doppia rigidità», come la ribattezza il premier in visita a Berlino da Angela Merkel.
«Noi crediamo che la fase dell'austerità fine a se stessa, sia tramontato. E auspichiamo un confronto serio e aperto su questo», dice Gentiloni da Berlino. «L'Europa del lavoro, che affronta le disuguaglianze sociali - aggiunge - di questo abbiamo bisogno». L'indole più pacata e diplomatica del neo-premier non gli impedisce di sottolineare con nettezza che la linea, sui dossier aperti con l'Unione a trazione tedesca, resta la stessa senza sconti. «L'Unione europea è molto rigida sui decimali dei bilanci sottolinea in conferenza stampa, accanto alla Cancelliera - e molto meno su questioni fondamentali, come ad esempio quella migratoria». E incalza: «Abbiamo parlato per anni di Europa a due velocità. Ogni tanto ne vediamo una a due rigidità: troppo flessibile su alcune cose, troppo rigida su altre». Insomma, avverte il premier italiano, «in questo mare in tempesta che bagna tutto il mondo, da Trump alla Brexit, dalla emigrazione al terrorismo, l'Unione si muove con il piccolo cabotaggio». Come dire che con l'ossessione un po' burocratica per i conti e le regole dell'austerity non si va lontano. L'Italia, ricorda, i suoi compiti a casa li ha fatti, e «non tornerà mai ad essere un Paese fiscalmente irresponsabile».
I due capi di governo non affrontano la questione della manovra correttiva chiesta dalla Ue a Roma: la Merkel lascia la gestione della partita alla Commissione, e la linea italiana è già stata resa esplicita dal ministro dell'Economia Padoan, per il quale la «priorità resta la crescita». E Padoan, da Davos dove interviene al Forum internazionale, anche ieri si è mostrato assai poco conciliante: «Il problema dell'Europa è l'Europa. I problemi nascono a Bruxelles e talvolta a Francoforte. Dobbiamo rovesciare completamente le politiche perché ora si stanno dando i giusti argomenti per convincere che il populismo ha ragione».
Gentiloni, da Berlino, respinge anche le intromissioni tedesche sul caso Fiat-Fca: «Negli ultimi giorni abbiamo avuto delle polemiche, in particolare sulle emissioni di Fca, io ho ribadito in tutta amicizia che sono questioni regolate dalle leggi e le leggi attribuiscono alle singole autorità nazionali di omologazione il compito di fare questi esami. Noi decidiamo per quel che ci riguarda e siamo convinti che i tedeschi facciano altrettanto». Ognuno, insomma, guardi in casa propria su questa materia: e il silenzio della Merkel suona come consenso, e dunque una indiretta presa di distanza dalle intromissioni del suo ministro dei Trasporti, ossia colui che ha chiesto all'Ue di garantire il ritiro dal mercato della Fiat 500, Doblò e Jeep-Renegade. Sulla questione immigrazione, sollevata con inusitata durezza anche dal presidente della Repubblica Mattarella, Gentiloni non abbassa la guardia: «Non possono essere solo Italia, Grecia o Germania a reggerne il peso: deve essere tutta l'Europa, l'Europa a 27 o a 28, a impegnarsi sulla questione».
E la Cancelliera gli fa eco: «Purtroppo non tutti i Paesi europei finora sono allo stesso livello per quanto riguarda la responsabilità che si assumono. È importante invece che questo problema sia affrontato a livello di Unione».
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