Già 500mila firme per legalizzare la cannabis. Ecco tutti i rischi del sì al referendum

Gli effetti: via il carcere per chi coltiva. La bufala della lotta alle mafie. Tolto anche il deterrente della sospensione della patente.

Già 500mila firme per legalizzare la cannabis. Ecco tutti i rischi del sì al referendum

Il raggiungimento delle 500.000 firme necessarie per il referendum sulla cannabis legale promosso da varie realtà tra cui l'Associazione Luca Coscioni, +Europa e i Radicali italiani, apre la strada alla consultazione popolare che si terrà con tutta probabilità nel 2022. La raccolta firme, realizzata per la prima volta esclusivamente online, ha registrato un alto numero di adesioni in particolare tra i giovani under 25, segno che si tratta di un tema sentito da una parte delle nuove generazioni italiane.

Il quesito referendario si riferisce al «Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope» proponendone una serie di modifiche. In primis, depenalizzare il reato di coltivazione eliminando la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla Cannabis con eccezione del traffico illecito. Inoltre, sul piano amministrativo, il referendum propone di cancellare la sanzione attualmente in vigore che prevede la sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori inflitta a chi fa uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente.

I motivi per cui dirsi contrari a tali richieste sono molteplici; anzitutto non è vero che legalizzando la cannabis (cosa in parte già avvenuta per uso terapeutico e non solo) si combatte la mafia e lo spaccio, al contrario si rischia di legalizzare l'attività della criminalità organizzata che troverà il modo di accedere anche al mercato legale. D'altro canto, già nel 1989, Paolo Borsellino, riferendosi al business delle sostanze stupefacenti gestito dalla mafia, affermava: «Mi sembra che sia da dilettanti di criminologia quello di pensare che liberalizzando il traffico di droga sparirebbe del tutto il traffico clandestino e si leverebbe queste unghie all'artiglio della mafia».

Al tempo stesso, rendendo la cannabis legale, si trasmette un messaggio pericoloso alle giovani generazioni che possono fare uso di droghe leggere in modo lecito favorendo il rischio di una pericolosa cultura dello sballo. Legalizzare la sostanza stupefacente significa infatti non solo consentirne l'uso ma anche legittimarla agli occhi dei giovanissimi. Si dirà, lo stesso avviene con l'alcol il cui abuso genera assuefazione e obnubilamento ma la differenza è sostanziale: un bicchiere di vino non altera lo stato psicofisico di una persona, cosa che non accade con la droga anche se assunta con dosi modiche.

Allo stesso modo, la richiesta di cancellare la sanzione del ritiro della patente, non è accettabile anche alla luce dei tanti incidenti (spesso mortali) provocati da persone che guidano dopo aver assunto sostanze stupefacenti. Sebbene tale misura sia richiesta non nei confronti di coloro che sono al volante in stato psicofisico alterato a causa della droga ma di chi «per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti», si tratterebbe di eliminare un'importante funzione deterrente. È vero che rimarrebbero in essere le sanzioni derivanti dalla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti ma è necessario prevenire il rischio di tali incidenti stradali con tutti gli strumenti normativi disponibili e non cancellare quelli già in vigore.

Infine, chi sostiene che legalizzando la cannabis lo Stato potrebbe trarne un ritorno economico, dimentica che non si può utilizzare l'economia

come unico criterio e parametro dell'attività statale e delle nostre vite ma esiste anche l'etica che ci impone di contrastare sempre e comunque la droga per il nostro bene e soprattutto per quello delle future generazioni.

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