Il giallo delle 14 navi da guerra sparite in un mare di paure

Non contattano i quartier generali, non rientrano alla base Forse sono coinvolte nel golpe. Raid turco contro due unità

Gian Micalessin

Il golpe è fallito, ma i misteri si moltiplicano. Due fra i più intricati riguardano la sparizione di un ammiraglio, 14 navi da guerra, un elicottero e alcuni uomini delle «forze speciali». La parte più inquietante del doppio arcano riguarda la scomparsa di ammiraglio e navi visto che elicotteri ed incursori svaniti sembrerebbero esser stati protagonisti, nelle prime ore del golpe, dell'assalto all'hotel del presidente Erdogan a Marmaris. I quattordici vascelli fantasma non sembravano invece implicati nel golpe e risultavano o in porto, o in navigazione nell'Egeo e nel mar Nero. Dove sono finiti? Come mai restano invisibili ai radar? E soprattutto perché quattordici unità, tra cui una fregata e una corvetta, continuano a non contattare i rispettivi quartier generali? Per capirci qualcosa conviene partire dall'ammiraglio Veysel Kosele. Le cronache turche raccontano che il 15 settembre 2012 l'allora vice ammiraglio Kosele si ritrova imputato in uno dei processi istruiti dai magistrati fedeli ad Erdogan per espellere dai vertici delle forze armate i militari ancora fedeli allo stato laico di Ataturk. Al tempo la vicenda sembra chiudersi con l'assoluzione del militare. Kosele - diventato nel frattempo ammiraglio - torna a preoccuparsi lo scorso 9 luglio quando la magistratura riapre il caso e ordina l'arresto di un paio di suoi colleghi e di qualche generale. Proprio per timore di un nuovo repulisti l'ammiraglio avrebbe deciso di partecipare al golpe prendendo il comando di una delle 14 navi mancanti. Chi cerca di sostenere la sua buona fede e di garantirgli un alibi racconta che Kosele sarebbe stato convinto a salire su una delle navi «disperse» dopo un falso allarme su un possibile attentato. L'ammiraglio sarebbe dunque ostaggio - assieme ad altri ufficiali - degli insorti che controllano le unità disperse. Anche qui i conti, o almeno le informazioni, non tornano. Fino ad ieri una delle poche certezze sembrava la mancata adesione della Marina alla congiura anti Erdogan. Nonostante il suo comandante, l'ammiraglio Bulent Bostanoglu, fosse stato preso in ostaggio e rinchiuso nella base di Akincilar, non lontano da Ankara, assieme al Capo di Stato maggiore generale Hulus Akar e ai comandanti di esercito, gendarmeria e aviazione, i vari comandi navali continuavano a dirsi fedeli ad Erdogan. Ora invece la diserzione di 14 navi a fronte di un totale di 16 fregate, 9 corvette, 13 sottomarini e una cinquantina fra pattugliatori e motovedette fa pensare ad una Marina turca profondamente divisa. In parte nell'Egeo e in parte nel Mar Nero, come ha ricordato il primo ministro bulgaro Boyko Borissov, 4 navi e 350 marinai di Ankara partecipavano all'esercitazione Nato «Sea Shield 16». La situazione potrebbe farsi molto tesa, soprattutto se le unità chiedessero «asilo» a paesi Nato come la Bulgaria o la Romania. Di certo la situazione resta tesa sul fronte greco dove Atene deve decidere se estradare, come richiesto da Ankara, gli otto militari atterrati sulle sue coste a bordo di un elicottero dove ieri l'aviazione lealista ha preso di mira due navi.

Secondo indiscrezioni gli otto farebbero parte del «commando» di 25 o 40 uomini delle «forze speciali» turche mandati ad assaltare l'hotel del presidente a Marmaris. Rimasti isolati gli incursori sarebbero in parte fuggiti in elicottero e, in parte, catturati mentre un altro gruppo di fuggitivi resterebbe nascosto nei boschi della zona.

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