Il tempo della colpa è finito e il Giappone sente di aver espiato abbastanza. Trentun anni dopo, il Paese sfida la comunità internazionale e riprende la caccia alle balene, animali considerati a forte rischio di estinzione. Ieri mattina cinque navi, con gli arpioni nascosti sotto i teloni, hanno lasciato il porto di Kushiro nel nord del Giappone per andare a caccia.
Non più a scopo scientifico, come hanno sempre sostenuto i giapponesi negli ultimi 30 anni, ma per la prima volta, a scopo commerciale. Nello stesso momento sono partite tre baleniere da Shimonoseki nel sud-ovest dell'arcipelago. Per quest'anno, l'agenzia giapponese ha fissato una quota di 225 balene, fra cui 150 balenottere Bryde, 52 balenottere minori (minke) e 26 balenottere boreali. Una strage per la comunità internazionale.
È questa la nuova politica del Giappone che mostra i muscoli, che si riappropria delle sue tradizioni, come il consumo di carne di balena, considerato dai tradizionalisti di rilevanza culturale. La politica del premier Shinzo Abe si muove all'interno di questo solco; in un Paese che non ha più voglia di sentirsi sconfitto, stanco di rimanere tra le seconde linee.
Alla fine dello scorso anno, il premier aveva presentato un piano di riarmo che prevede una spesa militare per 215 miliardi di euro per il quinquennio 2019- 2024. Oggi tra gente festante al porto e applausi, Tokyo ha chiuso ufficialmente con un trattato firmato nel 1988, quando aveva aderito alla moratoria internazionale decisa nell'ambito dell'Iwc, la Commisione internazionale della caccia alle balene, anche se le baleniere nipponiche avevano continuato a colpire usando il controverso escamotage della «ricerca scientifica» permessa dalle regole dell'Iwc, scatenando polemiche internazionali e guerre in mare tra ambientalisti e cacciatori.
Nel 2014, la Corte Internazionale di Giustizia aveva condannato il Giappone per la caccia a scopo scientifico nell'Antartico, considerandola una violazione della moratoria dell'Iwc. Alla fine dello scorso anno il Giappone ha annunciato la scelta di lasciare la commissione, frustrato dal fatto di non essere riuscito a convincere i membri della Commissione che una caccia «etica», se controllata, era possibile. Oggi il cambio di rotta. Il ministro della Pesca, Takamori Yoshikawa, ha dichiarato: «D'ora in poi chiedo ai cacciatori di cacciare le balene in osservanza della quota e puntare a un ritorno di questa industria della caccia alla balena».
Durante la spedizione finale «scientifica» nell'Antartico, conclusasi a marzo, i cacciatori giapponesi avevano ucciso ben 333 balene Minke. E negli anni passati hanno massacrato quasi mille balene all'anno scontrandosi più volte in alto mare con le navi di Sea Shephered. Negli anni '60 se ne consumavano circa 200.000 tonnellate all'anno, ma negli ultimi anni si è scesi a meno di 5.000 tonnellate.
Secondo le indicazioni fornite a dicembre scorso dal portavoce del governo, Yoshihide Suga, la caccia sarà permessa solo nelle acque territoriali e nella zona economica
esclusiva del Giappone, mentre sarà vietata nelle acque dell'Antartide e nell'emisfero australe. Nonostante decenni sotto protezione, diverse specie sono ancora fortemente a rischio. Da oggi il pericolo sarà ancora più concreto.
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