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Il gioco di ridurre il generale a emblema di una parte politica

Il gioco di ridurre il generale a emblema di una parte politica

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Il gioco di ridurre il generale a emblema di una parte politica

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Sotto il cielo agostano regna il caos generale. Nel senso del generale Roberto Vannacci e del suo celeberrimo libro - oramai un bestseller da ombrellone - «Il mondo al contrario». Se tutto va alla rovescia, come sostiene il militare, la sinistra invece prosegue sulla strada di sempre: cioè quella della strumentalizzazione politica. Il trucco è di una banalità sconfortante: Vannacci è impresentabile (perché lo hanno deciso loro, ovviamente), dunque chi difende Vannacci è automaticamente impresentabile e connivente con un pericoloso nemico della Costituzione (quella stessa Costituzione - per inciso - che all'articolo 21 garantisce che tutti hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero). Eppure il concetto non è difficile, anzi è piuttosto basilare: difendere la libertà di parola e la circolazione delle idee di una persona, non significa né sottoscrivere, né condividere tutto quello che dice. È semplicemente un esercizio di democrazia.

Capiamo che ai gendarmi del politicamente corretto e ai vigili delle ztl del pensiero unico questo principio vada di traverso, ma è troppo semplice lisciare il pelo alle idee comode e ostracizzare quelle scomode e financo ustorie. È proprio in questi frangenti che si misura la maturità democratica delle forze politiche. La pubblica crocifissione del soldato Vannacci vuole essere un monito - per nulla subdolo - per chiunque abbia intenzione di imboccare una strada differente da quella del pensiero mainstream.

Così per i progressisti il nuovo tormentone dell'estate è vedere in Vannacci la punta dell'iceberg di quell'anima nera (copyright La Repubblica) e di quella galassia nera (segue a ruota La Stampa, con grande originalità) che come un magma si muoverebbe sotto la crosta terrestre della destra italiana. Anzi, peggio, che la terrebbe in scacco con il suo peso elettorale, tanto fantomatico quanto inesistente, dato che ogni volta che formazioni estremiste si sono presentate alle urne sono state rispedite a casa dagli elettori con percentuali da zero virgola.

Ma il «caos generale» rischia di travolgere anche la destra, che non deve cadere nel tranello della sinistra: né spaccandosi di fronte all'arroganza dei mozzalingue che vorrebbero mettere al rogo l'autore e il suo libro, né trasformando involontariamente il generale nel punto di riferimento culturale di un'intera area.

Perché di intellettuali di destra ce ne sono tanti e sono molto più meritevoli dell'attenzione del dibattito pubblico e politico.

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