
"I dazi stanno rendendo l'America di nuovo grande e ricca", ora "è il Paese più hot del mondo", ha scritto ieri Donald Trump a mezzo social, ovvero su Truth. Secondo i dati del Tesoro americano, gli Stati Uniti hanno incassato più gettito dai dazi nei primi sei mesi del 2025 che in tutto il 2024. In totale, le entrate nel primo semestre superano gli 87 miliardi di dollari, rispetto ai quasi 79 miliardi di dollari del 2024, secondo i dati aggiornati a ieri, che mostrano un aumento significativo a partire dal Liberation Day di aprile.
L'offensiva commerciale non si ferma con la solita strategia portata avanti sin qui dal re dei "deal" a colpi di lettere spedite, scadenze, proroghe delle scadenze, strette di mano e accordi quadro. Di certo, oggi una serie di nuove tariffe saranno imposte alla maggior parte dei partner commerciali di Washington, alcune delle quali pesanti e altre specifiche per settore, come il dazio del 50% sui prodotti realizzati con il rame. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, non ha escluso che si possano raggiungere altri accordi all'ultimo minuto. "So che i leader stranieri stanno telefonando a Trump perché hanno capito che questa scadenza è reale". La Corea del Sud ha alla fine evitato le aliquote più elevate: l'intesa prevede dazi al 15% per Seul e zero per gli Usa, apertura del mercato sudcoreano a prodotti americani come "automobili, camion, prodotti agricoli etc", 350 miliardi di investimenti sudcoreani "controllati" dagli Usa e "selezionati" dal tycoon, oltre a 100 miliardi "di prodotti energetici". Al Brasile sono stati imposti dazi del 50% e per l'India, oltre alle tariffe del 25% sulle importazioni, Trump ha anche annunciato una "penale" non specificata per gli acquisti di armi russe da parte di Nuova Delhi. Il presidente americano ha poi minacciato conseguenze commerciali per il Canada dopo che il primo ministro Mark Carney ha annunciato l'intenzione di riconoscere lo Stato palestinese all'assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre. Trump aveva già dichiarato che avrebbe aumentato i dazi al 35% sui prodotti canadesi se non fosse stato raggiunto un accordo entro il 1 agosto. Con il Messico è stata, invece, concordata una proroga di novanta giorni e il Paese continuerà a pagare una tariffa del 25% sul fentanyl, una tariffa del 25% sulle automobili e una tariffa del 50% su acciaio, alluminio e rame. Assai diverso l'approccio negoziale portato avanti dagli Usa con la Cina: il terzo round di trattative ha portato a un'altra possibile proroga dell'accordo commerciale annunciato a maggio, senza dettagli sulla tempistica. Pechino e Washington dovevano affrontare la scadenza del 12 agosto per l'entrata in vigore dei dazi del 30% sui prodotti cinesi e del 10% sui prodotti statunitensi. Queste aliquote sono notevolmente inferiori rispetto all'inizio dell'anno, quando Trump aveva imposto dazi del 145% e la Cina aveva reagito con dazi del 125%.
L'impatto dei dazi è stato al centro dell'incontro tra l'inquilino della Casa Bianca e David Solomon, ceo di Goldman Sachs che segue quello avuto la scorsa settimana con Jamie Dimon, al timone di JPMorgan. All'inizio di questo mese, gli istituti di credito di Wall Street e i loro lobbisti si sono presentati alla conferenza bancaria della Federal Reserve per chiedere requisiti patrimoniali più flessibili.
E, a proposito di Fed, il giorno dopo la decisione della banca centrale di lasciare invariati i tassi, il tycoon è tornato all'attacco ieri con un altro post su Truth: "Jerome Too Late Powell lo ha fatto di nuovo! È troppo in ritardo, veramente troppo stupido e troppo politico per avere l'incarico di presidente della Fed".