Il giovedì nero della Fiat tra sospetti e trappole Usa

L'accusa di vendite false di due concessionari americani manda a picco i titoli Fca (-8%). Dallo scorporo Ferrari perso il 20%. E ora c'è un giallo su Marchionne

Il «giovedì nero» dell'auto, almeno per quanto riguarda le azioni Fca e Ferrari, è la punta dell'iceberg di un periodo, che ha preso le mosse dallo scorporo del Cavallino dal Lingotto. In Piazza Affari, dal 4 gennaio scorso, quando Fca si è presentata orfana di Maranello, ci sono stati più bassi che alti. E le montagne russe sono proseguite in scia anche alle dichiarazioni rilasciate dall'ad Sergio Marchionne: da una parte il «fermi tutti» sul tema delle alleanze, la crisi del mercato brasiliano e i nuovi ritardi sui lanci Alfa Romeo; dall'altra, l'anticipazione resa all'Auto Show di Detroit che «il 2015 è stato eccezionale, oltre le aspettative».Di ieri, invece, è la doppia tegola che ha fatto precipitare Fca del 7,94% a 6,84 euro, portando la capitalizzazione in Borsa a 8,78 miliardi. La prima tegola è arrivata dagli Stati Uniti dove due concessionari, secondo quanto riportato da Automotive News, avrebbero denunciato il gruppo automobilistico, accusandolo di aver offerto denaro per riportare dati sulle vendite falsi. La seconda tegola è targata Parigi e riguarda il tema emissioni e, in particolare, Renault, oggetto di perquisizioni e sequestro di documenti per sospetta manipolazione di alcuni motori, una replica in salsa francese del caso Volkswagen. In serata la nota dell'Eliseo, azionista tra l'altro dello stesso gruppo, che esclude frodi. Tanto è comunque bastato per trascinare nel gorgo delle perdite l'intero settore. E anche Ferrari ne ha subito le conseguenze: -4,62% le azioni, ripiombate sotto quota 40 euro, a 38,20. Il 4 gennaio Fca e Ferrari avevano iniziato i rispettivi corsi in Borsa archiviando la giornata, complice la caduta dei mercati asiatici, a 8,15 euro (-4,85%) e 43,62 euro (+0,53%).«Parlare di reazione di Ferrari in Borsa quando c'è stato lo scorporo e la distribuzione dell'80% del capitale è da cretini», il recente commento colorito di Marchionne a proposito della discesa del titolo della Rossa a Milano. Quello che il mercato si chiede però adesso è come le dichiarazioni di due concessionari di Chicago (l'ad li potrebbe includere nella categoria dei «gufi» evocata a Detroit), e quindi non dell'associazione di categoria, possano aver in larga parte contribuito a determinare il «giovedì nero» di Fca. Per di più alla luce del comunicato di Auburn Hills, nel quale si precisa che, oltre alla mancata notifica dell'atto di citazione, «la società è convinta del fatto che la causa sia infondata e sia stata promossa dal legale interno del concessionario proprio nel momento in cui Fca Us discuteva con il gruppo del dealer sulla necessità che quest'ultimo rispettasse i propri impegni».Mediobanca, in proposito, ricorda come in Europa la pratica denunciata a Chicago non sia illegale, e consente ai concessionari di raggiungere gli obiettivi e ottenere i premi. In Italia, a esempio, il 40% delle vendite di auto in novembre è stata effettuata negli ultimi tre giorni del mese). Nelle sale operative, a questo punto, si avanzano diverse ipotesi, come quella che le immatricolazioni negli Usa, dopo un ottimo 2015, abbiano toccato il picco. Un'ipotesi non positiva per Fca, molto esposta negli States, «e più debole - osserva un analista - rispetto a Ford e Gm».

Ma è il capitolo consolidamento, con l'improvvisa e inaspettata frenata di Marchionne, a suscitare non pochi dubbi nelle sale operative: va bene pensare al piano 2018 e «a selezionare il mio successore», ma è possibile che Marchionne, anche se temporaneamente, abbia gettato la spugna?E se si fosse scontrato, nonostante i sorrisi e le pacche sulle spalle, con l'azionista (John Elkann, presidente di Exor) su una possibile scalata ostile a Gm? Anche il prossimo cambio della guardia alla Casa Bianca preoccupa. Il 20 gennaio Barack Obama visiterà il Salone di Detroit, e Marchionne ha già anticipato che forse non ci sarà («dipende dagli impegni»). Un po' di tempo fa non sarebbe successo. Anche questo fa pensare.

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