
Già le vediamo le matrone dal volto solubile avvicinarsi guardinghe al pericolo: hic sunt leones. Secondo fonti del ministero della Cultura, quella di ieri potrebbe essere stata l'ultima edizione della finale del premio Strega a tenersi a Roma nel Ninfeo di Villa Giulia, disegnato dal Vasari e dall'Ammannati, con quella balconata retta dalle cariatidi, così affini alla media dei partecipanti, che molti di loro talvolta distrattamente le salutano. La cosiddetta splendida cornice si sposterà presumibilmente alla sede di Cinecittà, in via Tuscolana 1055.
Avete letto bene: 1055; a numeri civici così elevati nessuno degli Amici della Domenica si era mai spinto. Vogliamo dire, si sta parlando di periferia, quand'era così comodo arrivare alla cerimonia dai Parioli, Prati, Flaminio, Monti, quartiere ad alta concentrazione di giurati. Figurarsi: qui siamo a cento metri dalla Lidl e a cinque minuti dall'Ikea.
Naturalmente i Quattrocento amici si sono anche automaticamente tramutati in quattrocento nemici del ministro Giuli, reo di voler aderire ai principi del Piano Olivetti, che all'articolo uno promuove la rigenerazione culturale delle periferie svantaggiate, afflitte da marginalità sociale ed economica. E per così poco bisogna farsi cinquanta minuti di macchina? È vero, c'è la metropolitana, ma non scherziamo, si stropiccia il vestito e si arriva con il trucco già sciolto.
Alessandro Giuli dalla giuria dello Strega si è dimesso, per incompatibilità, così ha fatto risparmiare 12 copie omaggio agli editori, i quali infatti non gliele hanno neanche mandate, dopotutto è solo il ministro della Cultura.
I Quattrocento, neanche fossero in una situazione tipo Termopili, sono pronti alla resistenza fino al sacrificio (forse quello no, ma vabbè). Qua e là si urla contro l'autoritarismo, il quale è piuttosto uno sloggiamento di figure che delle istituzioni culturali avevano fatto un proprio terreno di rendita.
Sia o no vero questo, è un fatto che qualche giorno fa Chiara Sbarigia si è dimessa dal ruolo di presidente di Cinecittà, ma anche che ieri si è dimesso il direttore generale Cinema e audiovisivo Nicola Borrelli (nominato nel 2009 da Sandro Bondi e inviso all'opposizione).
Il Fort Apache dei resistenti si sta già organizzando. Stefano Massini, un indignato cronico che spalma la sua truce appartenenza alla classe dei moralizzatori su una serie di programmi e rubriche su televisioni nazionali, Rai compresa, e che imperversa nel finanziatissimo mondo del teatro, ha di recente parlato di "cecchinaggio" per via del declassamento del Teatro della Toscana e dunque del teatro della Pergola, di cui è direttore artistico, con relativo taglio delle prebende.
Il piddino Dario Nardella è uno tra quelli che preparano i sacchetti di sabbia. Combatterà, oltre che al fianco di Massini, nel nome "della città di Firenze e di tutti gli intellettuali e artisti liberi d'Italia".
Laddove il sillogismo forzato è che gli intellettuali e artisti liberi del nostro Paese stiano tutti dalla parte sua.
Talmente liberi che, di fronte a questioni di principio che imporrebbero anche qualche piccola rinuncia come segno d'integrità, fanno quadrato a difesa dei propri privilegi, esattamente come hanno sempre agito per decenni.