Il governo ammette i ritardi: fondi Ue fermi nei ministeri

E apre alle modifiche del Pnrr: "Sarebbero legittime". L'assist di Bruxelles a Draghi: "Tutto secondo i piani"

Il governo ammette i ritardi: fondi Ue fermi nei ministeri

Secondo Giorgia Meloni «i ritardi del Pnrr sono evidenti e difficili da recuperare». Una mancanza che «non dipende da noi», ma «a noi verrà attribuita anche da chi l'ha determinata». Per Draghi invece «non ci sono ritardi nell'attuazione del Pnrr. Se ce ne fossero, la Commissione europea non verserebbe i soldi». E infatti da Bruxelles fonti della Commissione Ue assicurano: «Le cose stanno procedendo secondo quanto previsto». Nella stessa premessa della Nadef però si certifica il «ritardato avvio di alcuni progetti» del Pnrr, motivato con due ragioni: gli «effetti dell'impennata dei costi delle opere pubbliche», tra materie prime, inflazione e caro energia. E il governo ora scrive che si può modificare il Pnrr: «Tra le circostanze oggettive che possono essere addotte per una revisione degli investimenti previsti dal Piano, rientra anche il caso di aumento dei prezzi per gli investimenti». Ma ci sono anche i «tempi di adattamento alle innovative procedure del Pnrr». Insomma, la burocrazia dei ministeri e della macchina amministrativa che rischia a tratti di andare a rilento. Sotto attacco nei mesi scorsi era finito il ministero della Transizione digitale di Vittorio Colao. Uno scenario che non promette bene visto che ora, quasi conclusa la prima parte di cronoprogramma fatta di riforme, si apre la fase più delicata dell'attuazione. Bandi, aggiudicazioni, progetti esecutivi.

Il governo comunque, ha scritto il ministro dell'Economia Daniele Franco nella Nadef, «è intervenuto per incrementare i fondi destinati a compensare i maggiori costi» delle opere. Ma a preoccupare sono i soldi non spesi, come evidenzia Pagella Politica, che analizza i numeri: il governo Draghi ha stimato che entro la fine di quest'anno l'Italia spenderà 20,5 miliardi di euro sui 46 miliardi ricevuti. Una spesa inferiore di oltre 13 miliardi di euro rispetto a quanto preventivato dal Def ad aprile e di quasi 21 miliardi di euro rispetto alla tabella di marcia originaria, cioè siamo sotto al 50 per cento rispetto alle previsioni iniziali. Il prossimo governo insomma dovrà correre: andranno impiegati 40,9 miliardi nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024, 47,7 miliardi di euro nel 2025 e 35,6 miliardi nel 2026, 170 miliardi di euro in quattro anni. «Abbiamo un arretrato di 10 miliardi che non sono stati impiegati per una serie di motivi. Intanto, da quando viene varato un progetto all'avvio della realizzazione trascorrono in media 770 giorni nel nord ovest dell'Italia e 1442 giorni nel sud e nelle isole», attacca anche l'azzurro Giorgio Mulé.

Per ottenere da Bruxelles la terza rata da 19 miliardi di euro vanno raggiunti 55 obiettivi entro la fine di dicembre. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Roberto Garofoli ha ricordato che 21 obiettivi su 55 sono già stati raggiunti e che altri otto saranno raggiunti entro ottobre. I rimanenti 26 saranno invece conclusi dal prossimo governo.

Ieri nella relazione al Parlamento della Commissione sono emersi possibili «aggiustamenti» necessari sui Pnrr nazionali. Si parla però di «una revisione degli investimenti previsti dal Piano, ma non delle riforme». La Commissione «riconosce che l'invasione russa dell'Ucraina ha portato a un aumento non prevedibile dei prezzi per l'energia e dei materiali da costruzione, che quindi va considerato una circostanza oggettiva che giustifica una richiesta di modifica». Il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, ricorda che «abbiamo detto sin dall'inizio che serviva flessibilità che significa poter apportare dei cambiamenti non strutturali. Non stravolgerlo, quindi, ma apportare degli aggiustamenti parlando sempre con Bruxelles: questo è fondamentale.

Tutto ciò - aggiunge - per far sì che i soldi dell'Europa possano essere utilizzati nel modo migliore: ci sono progetti, piani, idee, messi in campo all'inizio della crisi che con il passare del tempo sono diventati magari meno attuali».

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