Coronavirus

Virus, le lunghe notti di Conte: così ha lavorato nelle tenebre

Il presidente del Consiglio aveva affermato che "il Governo non lavora con il favore delle tenebre". Ma i dati lo smentiscono

Virus, le lunghe notti di Conte: così ha lavorato nelle tenebre

Era l'11 aprile scorso quando Giuseppe Conte - bacchettando Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che lo accusavano di aver accettato il Mes senza coinvolgere nessuno - disse: "Questo governo non lavora col favore delle tenebre". Almeno in quell'occasione, il presidente del Consiglio aveva ragione: il Fondo salva Stati non era (e non è ancora) stato attivato. Tra l'altro, dobbiamo registrare che ora, rispetto alla scorso aprile, Conte sembra voler stare alla larga da questo argomento dato che potrebbe costargli la poltrona. Il governo Conte, però, ha agito in più di una occasione con "il favore delle tenebre". Qui, abbiamo deciso di riportare le più importanti.

Quelli dell'ultima decade di febbraio sono giorni convulsi. Il 20, le agenzie battono la notizia che anche l'Italia ha il suo paziente 1: Mattia. Bisogna dunque fare qualcosa. E in fretta. Il virus corre infatti veloce e i nostri medici sanno poco o nulla su di lui. Ma il governo sa che - a causa di decenni di tagli bipartisan - il nostro sistema sanitario non può reggere all'onda d'urto di una pandemia. Il 22 febbraio alle 23.15 il presidente del Consiglio appare in diretta. Tanti italiani sono ancora svegli perché l'intervento di Conte è molto atteso e il consiglio dei Ministri, durato oltre quattro ore, non preannuncia nulla di buono. "Scusate per l'orario, ci rendiamo conto di aver finito molto tardi. Ci scusiamo anche per l'attesa", esordisce Conte mentre annuncia le prime misure, che si riveleranno inefficaci, per arginare il Covid-19.

Poco più di due settimane dopo, l'8 marzo, Conte si presenta nella sala stampa di Palazzo Chigi. È visibilmente provato. Non solo perché le cose in Italia, dal punto di vista epidemiologico, non vanno affatto bene, ma anche perché, qualche ora prima, una "manina" ha girato ai giornali la bozza del Dpcm che il governo si sta apprestando a varare. Un colpo terribile non solo dal punto di vista politico, ma anche perché migliaia di persone prendono d'assalto i treni per spostarsi al sud. La cosa peggiore da fare in una situazione simile. Eppure, nonostante l'invito alla calma, succede anche questo e si teme che una nuova ondata possa investire anche il sud, fino a quel momento risparmiato dal virus. "Si è creata confusione", dice il presidente del Consiglio, che annuncia: "Non c’è più una zona rossa. Ma ci sarà una zona con regole più rigorose che riguarderà l’intera Lombardia e poi le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano Cusio Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia. Qui fino al 3 aprile – per fare solo due esempi – saranno limitati i movimenti, salva la possibilità di rientrare a casa propria, e i bar e i ristoranti dovranno chiudere alle 18 e per il resto della giornata garantire distanze di almeno un metro. Chi ha 37,5 di febbre è invitato a restare a casa, chi è in quarantena ha il divieto assoluto di uscire". È il primo passo verso il lockdown, che sarebbe venuto di lì a pochi giorni.

Per due mesi l'Italia si congela. Tutti sono costretti in casa e, per spostarsi, è necessario esibire un'autocertificazione (che, tra le altre cose, verrà cambiata ogni due settimane). L'epidemia continua a falcidiare italiani e il 28 aprile Conte decide di visitare la Lombardia. "Non sono venuto prima perché nella fase più acuta la mia presenza avrebbe potuto essere addirittura di intralcio, ma nella prima occasione utile era già nei proponimenti di venire", risponde il presidente del Consiglio a chi gli rinfaccia di non esser venuto prima. La realtà potrebbe però essere diversa. Di fronte alla richiesta del governatore Attilio Fontana, che con insistenza gli chiedeva di raggiungerlo in Lombardia, il presidente del Consiglio avrebbe risposto: "Vediamo... Sai, se poi mi ammalo, come si fa?". Conte raggiunge Bergamo, la città più martoriata dal virus, dopo le 23 e Brescia a notte inoltrata, dopo le 2. Una scelta "perfetta" - disse il deputato della Lega Paolo Grimoldi - "per evitare di prendersi insulti e pomodori. Ha evitato la gente, ha evitato il confronto, ha evitato le contestazioni, ha evitato tutti. Si è mosso di notte, in silenzio, come fanno i ladri o chi ha qualcosa da nascondere". A Bergamo, tra l'altro, Conte sbotta contro una giornalista di Tpi, "colpevole" di aver posto una domanda scomoda ("La gente vorrebbe sapere perché non è stata dichiarata zona rossa").

La curva dei contagi comincia ad appiattirsi e, il 17 maggio, il governo inizia a ragionare insieme ai governatori su quella che sarà la strategia per uscire dalla fine della prima ondata. Alle tre di notte, però, non si è ancora raggiunto alcun compromesso. "Ore 3 e 20 del mattino - scrive Giovanni Toti - Finito ora il confronto tra Regioni e Governo sul Decreto che dovrà riaprire l'Italia a partire da lunedì. Nell'accordo le linee guida delle Regioni saranno recepite nel Decreto, in modo da dare sicurezza a tutti gli operatori economici con regole certe e applicabili. Al Paese serve semplicità e chiarezza. Domani [oggi, ndr.] vedremo la stesura finale del Decreto. Buonanotte amici". Dopo un tira e molla durato ore, la mattina del 18 ci troveremo con un nuovo Dpcm.

L'estate scorre tranquilla. Forse troppo. Gli italiani vanno in vacanza e, tutto sommato, l'epidemia pare essere sotto controllo. Ma già a fine settembre i casi cominciano ad aumentare sia a causa dell'arrivo dei primi freddi sia per l'aumento esponenziale dei tamponi. Si riapre così la stagione dei Dpcm. Ma con una novità. Conte, prima di vararli, passa dal Parlamento. Anzi, manda avanti il ministro della salute Roberto Speranza. Formalità a parte, il risultato però è sempre lo stesso: prima nella notte del 14 e poi in quella del 25, Conte varà altri due Dpcm. Stessa cosa accadrà nella notte del 3 novembre, quando Conte vara l'ultimo Dpcm, quello, per intenderci, che scadrà tra cinque giorni. In attesa di un nuovo Dpcm.

Ovviamente notturno.

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