Il governo diserta i vertici dell'Unione Europea

Ai più importanti summit di Bruxelles delega sempre il vice ambasciatore

Il governo diserta i vertici dell'Unione Europea

Per battere i pugni in Europa, a Bruxelles bisognerebbe andarci. Servirebbe almeno presenziare ai Consigli dell’Ue, ovvero alle riunioni dei ministri dei Paesi membri in cui si discutono e approvano riforme, finanziamenti e direttive. Ma non sempre il governo italiano l’ha fatto. Anzi.

Da qualche giorno, infatti, nei corridoi di Bruxelles circolano voci sulla latitanza nostrana agli ultimi Consigli Ue sull’energia, tema peraltro centrale per lo sviluppo economico del Paese. Mentre gli altri governi inviavano figure di prim’ordine a trattare di direttive sul gas, biocarburanti, energia rinnovabile e via dicendo, l’Italia s’è accontentata dei rincalzi. Non solo non si sono scomodati il ministro Carlo Calenda o il suo vice Teresa Bellanova, ma neppure un sottosegretario di Stato. In molti casi il Mise ha preferito delegare l’ambasciatore permanente aggiunto presso l’Ue, Giovanni Pugliese. Persona di tutto rispetto, per carità. Ma che non ha potere decisionale sulle questioni, riducendo così il peso politico del Belpaese in Europa.

Facciamo qualche esempio. Il 26 giugno scorso all’ordine del giorno del Consiglio Ue si discuteva il via libera alla Commissione per il mandato di negoziato tra l'UE e la Russia sul gasdotto Nord Stream 2. Un'infrastruttura che è stata (e sarà) al centro di discussioni geopolitiche mondiali. Bene. Mentre gli altri Paesi hanno inviato Ministri e sottosegretari, solo l’Italia (con l’Austria e il Lussemburgo) si è accontentata del numero due dell‘Ambasciata. Eppure di interessi da difendere ne avremmo, soprattutto riguardo la nuova direttiva gas sulle pipeline che collegano i Paesi Ue con quelli extra Ue. “Il rischio è che la nuova disciplina si applichi con effetti retroattivi anche gli interconnettori già esistenti nel Mediterraneo - spiega Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia - Bisogna evitarlo, perché ci costringerebbe a rinegoziare tutte le condizioni di servizio con Paesi, come la Libia, senza interlocutori stabili”. Del tema gasdotti, peraltro, il Consiglio energia aveva già accennato il 27 febbraio, quando a rappresentarci c’era sempre (e solo) il povero Pugliese.

Alle assenze già citate va aggiunta quella del 18 dicembre scorso e anche in quell'occasione (leggi) non era presente neppure un sottosegretario. “Abbiamo un costo dell’energia in media del 20-25% in più rispetto al resto d’Europa - fa notare Salini - Imprenditori e industriali italiani non saranno contenti di sapere che proprio su questo tema il governo italiano decide di non inviare i propri rappresentanti diretti”.

E pensare che i temi toccati in tutte le riunioni disertate erano scottanti: si andava dalle rinnovabili al mercato dell’elettricità, passando per l’efficienza energetica e il regolamento sulla governance dell'Unione dell'energia. Ma non solo. “Negli ultimi Consiglio sono state modificate le condizioni nella direttiva sui biocarburanti dalla prima alla seconda generazione”, spiega Salini. Una prima discussione appare già nei resoconti dell'incontro del 27 febbraio e anche in quel caso l’Italia inviò solo l’Ambasciatore. “Se non andiamo a battagliare su questi nuovi criteri - dice Salini - metteremo a repentaglio due impianti, come quello di Marghera e Gela, che danno posti di lavoro a migliaia di persone”.

Come se non bastasse, nel rapporto finale del Consiglio del 18 dicembre si parla di “lavori in corso” per quanto riguarda la riforma dell’Acer, Agenzia dell'Unione Europea per la Cooperazione fra i Regolatori Nazionali dell'Energia. La patata è bollente: “Si rischia la centralizzazione in capo alla Commissione - spiega Salini - con l’introduzione di criteri totalmente arbitrari per cui ogni singolo Paese, pur avendo la competenza sulla sicurezza, verrà di fatto esautorato”. Peccato che nell’elenco dei partecipanti alla riunione alla voce “Italia” compaia sempre il dottor Pugliese. Direte: ci saranno state altre circostanze per trattare simili argomenti a livelli più alti. Certo, ma non si può non notare come solo Italia, Grecia e Lussemburgo abbiano evitato di scomodare i pezzi grossi.

E non è un discorso che riguarda solo il ministero dello Sviluppo Economico guidato da Calenda. A volte è capitato anche ad altri ministri. Il 24 ottobre, per esempio, al Consiglio telecomunicazioni si parlava di mercato digitale e cybersecurity. Mica bruscoli. E chi avanzava le nostre istanze? Il ministro Graziano Delrio? Macchè, sempre l'ambasciatore Pugliese, pezza per mille occasioni.

A conti fatti il Mise ai Consigli del 2017 ha presenziato solo una volta con un sottosegretario di Stato (e mai col titolare del dicastero). Per il resto s'è affidato all'Ambasciata.

Inutile poi lamentarsi se paghiamo un deficit di rappresentanza (e peso politico) in Ue. Perché - per dirlo con le parole del presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani - “per poter essere credibile, l’Italia dev’essere più presente a Bruxelles”. E invece spesso latita.

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