
Inizia a delinearsi la legge di Bilancio che il premier Lecornu ha intenzione di far digerire ai francesi e ai partiti che oggi decideranno se sostenerlo: 14 miliardi di aumento delle tasse, ha confermato ieri il ministro dell'Economia Lescure, per stabilizzare il debito pubblico e rispettare gli impegni europei. Sorti appese al sì dei socialisti. Il segretario Ps, Faure, ha annunciato che dirà No alla sfiducia, spiegando che i suoi deputati proporranno l'introduzione in manovra della cosiddetta tassa Zucman: ideata dall'economista Gabriel Zucman, detta "sui super ricchi", prevede un'imposizione straordinaria. "Se non sarà adottata, faremo proposte per colpire le grandi fortune, i grandi patrimoni e le grandi imprese".
Per ora, il governo ha messo nel mirino i ticket restaurant, con l'idea di tassarli massicciamente. In Senato, Lecornu ha aggiunto ieri elementi al puzzle della sospensione della riforma delle pensioni fino al 2027: "Non vuol dire abbandonarla". Testo chiarificatore in Aula "a novembre". Intanto è arrivata la prima gaffe del neo ministro del Lavoro e della Solidarietà, Farandou. Per difendere la retromarcia sulla riforma-totem di Macron, ha detto in tv: "Non siamo sordi, non siamo autistici, vediamo che questa riforma sta andando male". Bufera. Si è scusato.
Dalle 9, le due mozioni di sfiducia (della sinistra di Mélenchon e della destra di Le Pen) saranno votate oggi in Assemblée. Già tre i frondisti nel Ps. Si vedrà se la via scelta darà stabilità all'esperimento bis con cui Macron ha individuato ancora una volta nel suo centro allargato la soluzione. Ma dopo l'ultima scossa che ha visto il primo governo Lecornu durare meno di 14 ore, si allargano i dissidi interni: il ministro della Giustizia, Gérald Darmanin, stabilmente nelle file centriste pro-Eliseo, ieri ha lasciato il partito del capo dello Stato, Renaissance. Il motivo? Per Darmanin, l'attuale presidente del gruppo parlamentare, Gabriel Attal, ultimo premier macroniano prima della crisi dell'estate 2024 e dal 2017 un pupillo, starebbe remando contro Macron. Dice Darmanin: "Qualunque siano i disaccordi di valutazione con il capo dello Stato, non possono essere espressi pubblicamente dal movimento da lui fondato". Attal avrebbe tagliato i ponti con l'Eliseo dopo aver dichiarato di "non comprendere più" le decisioni del presidente della Repubblica, restando a capo di Renaissance. Darmanin ha così dichiarato guerra all'ex enfant prodige accusato di parricidio.
Nuove anche a destra: il Consiglio di Stato ha respinto ieri il ricorso di Marine Le Pen contro l'immediata esecuzione della pena di ineleggibilità dopo la condanna dello scorso marzo per il caso dei fondi europei del fu Front National. Il processo d'appello è previsto tra gennaio e metà febbraio.
"BleuMarine" continua per ora la battaglia in Assemblée, non avendo perso il seggio. Il Rn annuncerà il 23 ottobre una "contromanovra finanziaria", e lei resta sul punto: "Il solo modo di uscire dalla crisi politica è andare al voto, come De Gaulle, consideriamo che l'unico sovrano sia il popolo".