Come si fa se manca il consenso? Non resta che provare a comprarlo. Ma servono soldi, tanti soldi. Naturalmente pubblici.
Le fibrillazioni scatenate dalla sconfitta di domenica in Umbria spingono i soci della maggioranza giallorossa a tirare la coperta delle risorse in direzione del proprio elettorato. I Cinque stelle non vogliono mollare i corposi capitoli di spesa ereditati dalla manovra gialloverde (quota 100 e reddito di cittadinanza). Pd e Leu chiedono risorse per una maxi-mancia ai lavoratori dipendenti, soprattutto pubblici, con il taglio del cuneo fiscale. E Italia viva preme per l'assegno unico destinato alle famiglie e limiti alle tasse al ceto medio.
C'è tensione, ma all'uscita dal vertice parlano tutti di «piena sintonia». Nella corsa a lenire il mal di pancia da urne amare è stato stabilito chi pagherà il conto: le imprese. Dopo la stretta sul contante che colpirà i commercianti, la sugar tax e la plastic tax che appesantiscono l'industria alimentare, la diesel tax contro l'agricoltura, la stretta sulla flat tax per le partite Iva, resta poco da raschiare.
Il mantra è dare una verniciata etica alle imposte. Dal vertice che ieri ha riunito con il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri i rappresentanti della maggioranza venuti a mettere sul tavolo le pretese post elettorali dei rispettivi partiti. La nuova stangata concordata nel vertice di ieri colpirà il settore giochi e scommesse, uno dei bersagli preferiti dei 5s: la «tassa sulla fortuna», cioè il prelievo sulle vincite, oltre i 500 euro crescerà, dall'attuale 12 per cento, aumentando progressivamente a scaglioni fino a un massimo del 25 per cento sui jackpot più alti. Verrà anche ulteriormente alleggerito, a favore delle casse dello Stato, il fondo che integra le vincite più basse del Superenalotto. In compenso, perlomeno, si trovano le risorse per evitare l'aumento di un'altra tassa ancor più odiosa, perché avrebbe colpito i proprietari che danno in affitto gli appartamenti a prezzo calmierato e i loro inquilini: la cedolare secca agevolata al 10 per cento diventerà stabile e non più rinnovata di anno in anno, né aumentata al 12,5%, misura che era stata ipotizzata ed era riuscita a scatenare le proteste simultanee di Confedilizia e delle associazioni degli inquilini. L'altra vittima sacrificale è un altro bersaglio fisso dei grillini: l'industria estrattiva. La maggioranza intende eliminare esenzioni e riduzioni sulle royalties che finora si applicavano su una quota minima di oli combustibili prodotti. Una stangata che si unirà all'Imu sulle piattaforme petrolifere contenuto nel Dl fiscale.
Il contentino sono 140 milioni l'anno per rifinanziare Industria 4.0. Italia Viva porta a casa anche un aumento di 100 milioni del fondo per l'assegno unico familiare. Il Pd la conferma del taglio al cuneo fiscale da 40 euro al mese per i dipendenti che non avevano preso gli 80 euro di Renzi. Laura Castelli per i 5s annuncia lo stop alla nuova tassa sulle sigarette elettroniche. «Volevamo fermare sugar tax e cedolare, con una ce l'abbiamo fatta», dice all'uscita Luigi Marattin che rappresentava Italia viva.
Il vertice proseguirà oggi con un obiettivo importante: confermare la flat tax per le partite Iva fino a 65mila euro senza vincoli. Il tempo stringe: la trasmissione del testo della manovra al Senato è già in ritardo. E inevitabilmente si scateneranno i fuochi d'artificio tra le forze di maggioranza che la bocciatura umbra rende più affamate di visibilità.
Una parte dei 5s teme ripercussioni per la batosta sulle imprese: «Non si fa cassa sulla pelle delle aziende», aveva avvisato poco prima del vertice il grillino Stefano Buffagni. Le lamentele congiunte di associazioni datoriali e sindacati non promettono bene.
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