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Il governo si salva in Aula. Conte esulta: grande prova

Giallorossi autosufficienti in Parlamento. Ok a Nadef e scostamento di bilancio da 24 miliardi

Il governo si salva in Aula. Conte esulta: grande prova

Le scene di entusiasmo sugli spalti del Senato, quando a metà pomeriggio passa (per quattro voti) lo scostamento di bilancio, hanno qualcosa di surreale.

Mentre sul tabellone di Palazzo Madama i numeri segnano «165 sì», sui 161 necessari, i senatori di maggioranza, soprattutto grillini, balzano esultanti in piedi, ridono, battono le mani e lanciano occhiate di sfida all'opposizione, che si è astenuta. Persino alcuni membri Cinque Stelle dell'esecutivo, da Patuanelli alla Catalfo, si dimenano eccitati sui banchi del governo, mentre la ministra renziana Bellanova, seduta compostamente, li osserva con un certo imbarazzo (per loro). Il tutto per essere riusciti a far passare a maggioranza assoluta la risoluzione che autorizza un nuovo scostamento di bilancio da 24 miliardi, passaggio senza il quale il governo non sarebbe riuscito neppure a metter mano alla legge di bilancio. Ora, assicurano dall'esecutivo, si punta a portare la manovra in Consiglio dei ministri «entro venerdì». Conferma il premier: «Va chiuso questa settimana».

Immediatamente, da Capri, il premier Conte mette il cappello su quella che definisce «una grande prova della maggioranza, un ampio riscontro della sua tenuta: sta andando tutto bene», assicura. La suspense sul quorum, alimentata abilmente per giorni, consente ora al governo di cantare vittoria per un risultato che dovrebbe essere scontato.

In realtà, salvo improvvise impennate dei contagi tra i parlamentari giallorossi, che i numeri ci fossero era considerato assai probabile da giorni: la maggioranza conta 171 voti al Senato (inclusi i senatori a vita Monti e Cattaneo, e da ieri Sandra Lonardo Mastella, ex Fi ora del gruppo Misto), tre erano gli assenti per ragioni di salute e tre i «dissidenti» grillini. E infatti Conte - salvo qualche appello formale alla collaborazione generica delle opposizioni - fatto più per far tacere Zingaretti che per interesse - si era ben guardato dall'aprire un dialogo di merito con il centrodestra sulle misure economiche. «Poteva essere l'occasione giusta, visto che vi servivano i numeri - lamenta in aula il leghista Romeo - se ci aveste chiesto idee per investire quei 24 miliardi, avreste responsabilizzato tutta l'opposizione. Invece l'impegno della maggioranza è stato quello di andare a caccia di responsabili». Una caccia anche fruttuosa, assicurano dalla maggioranza: in caso di incertezza del quorum di 161 voti, da superare pena bocciatura, diversi senatori di opposizione erano pronti a dare una mano. Del resto, vedere i ministri e i dirigenti grillini impegnati in questi giorni a sedurre e supplicare gli un tempo odiati berlusconiani era uno spettacolo irresistibile, una sorta di poetica nemesi. «Fate appello al nostro senso di responsabilità, ma poi respingete ogni nostra proposta - denuncia l'azzurro Dario Damiani - e allora questa volta nell'inganno non ci caschiano».

Il governo dunque se la cava, prima al Senato e poi, con 324 voti (otto più del quorum) anche alla Camera dei deputati, e senza bisogno di aiuti esterni. Se la maggioranza non si fosse dimostrata autosufficiente su un atto fondamentale come il bilancio, il problema politico si sarebbe aperto sicuramente. Insieme allo scostamento di bilancio, è stata approvata una risoluzione che impegna il governo su diversi (generici) punti: dalla riforma fiscale per «abbassare il carico sui redditi medio-bassi» al «potenziamento del sistema sanitario».

Senza Mes, si intende.

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